L’idea è spazzare il campo da ogni opposizione, da ogni dubbio sulla Brexit e da ogni riserva sullo sviluppo che la Gran Bretagna dovrà avere nei prossimi anni.
Theresa May ha chiamato le elezioni anticipate nel momento di massima debolezza dei suoi avversari, dai laburisti, all’Ukip, ai liberali e non solo rafforzerà la sua posizione negoziale interna, ma potrà anche, se i sondaggi non mentono, darle quella legittimazione come leader politico del Paese che ancora le manca e dunque poter dare la forma che vorrà alla Gran Bretagna del futuro.
Secondo gli ultimi sondaggi i conservatori possono contare su almeno il 42 (forse 44) per cento dei voti, i laburisti sarebbero tra il 23 e il 25 i liberali e l’Ukip tra il 10 e il 12 per cento. Se i dati fossero confermati, nonostante il sistema elettorale britannico per cui le percentuali generali, da sole, non bastano a definire il livello della vittoria, si tratterebbe comunque di un risultato storico per May, che avrebbe una solidissima maggioranza ai Comuni con le opposizioni ridotte in sostanza al silenzio.
Dove potranno arrivare le politiche di May non è dato saperlo. Certo sono verso un nuovo e fortissimo nazionalismo, un fortissimo sostegno alle aziende che dovranno poter reagire al divorzio dall’Unione europea, con poca attenzione alle politiche sociali, che anzi potrebbero diventare sempre più strumento per disincentivare i più deboli a restare.
La mossa politica, dal punto di vista dei conservatori, è stata certamente abile, anche perché ricompatterà probabilmente il partito più a destra di quanto sia stato sino ad oggi, poiché la “sinistra” interna, non favorevole alla Brexit, è già stata tacitata, mentre si osserva un travaso da parte di molti sostenitori degli estremisti dell’Ukip verso il partito conservatore.