Bruxelles – Il presidente Recep Tayyip Erdogan la spunta anche se di poco. Al referendum costituzionale che si è tenuto ieri in Turchia il fronte del “Sì” alla riforma costituzionale ha ottenuto il 51,3 in una consultazione caratterizzata da polemiche e accuse di brogli, il “No” si è fermato al 48,7 per cento. La differenza tra sì e no è rappresentata da meno di 1,3 milioni di elettori su un totale di 80 milioni di abitanti, e ora il Paese passerà dall’attuale sistema parlamentare ad un modello presidenziale in cui la gran parte dei poteri saranno concentrati nelle mani del capo dello Stato e quindi dello stesso Erdogan.
L’Unione europea “prende nota” del risultato aggiungendo però di attendere “la valutazione della missione internazionale di osservazione dell’Osce, anche per quanto riguarda le presunte irregolarità” denunciate. Le modifiche costituzionali “e soprattutto la loro implementazione pratica”, si legge in una nota firmata dal presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker e dall’Alto rappresentante Federica Mogherini e dal commissario alle politiche di vicinato, Johannes Hahn, “saranno valutate alla luce degli obblighi della Turchia come Paese candidato all’Unione europea e in quanto membro del Consiglio d’Europa”. Bruxelles “incoraggia” Ankara a rispondere alle “preoccupazioni” espresse dal Consiglio d’Europa soprattutto quelle legate allo Stato d’emergenza messo in atto dopo il fallito colpo di Stato e “in ragione del risultato di misura e delle implicazioni di vasta portata delle modifiche costituzionali”, chiede “alle autorità turche di ricercare il più ampio consenso possibile a livello nazionale nella loro attuazione”.
Per il capogruppo dei Socialisti e Democratici al Parlamento europeo, Gianni Pittella si tratta di un “altro duro colpo contro la democrazia e lo Stato di diritto in Turchia”, e di “un altro passo decisivo” che “allontana il Paese all’Europa”. Con questa riforma costituzionale “Erdogan ha chiuso le porte all’Ue” e per questo, afferma Pittella “i negoziati per l’adesione dovrebbero essere sospesi”.
“Da oggi la Turchia è una minaccia ancora più aggressiva per l’Europa”, dichiara l’europarlamentare e vicesegretario federale della Lega Nord Lorenzo Fontana secondo cui “per l’Europa diventa ancora più urgente interrompere l’erogazione dei fondi di pre adesione alla Turchia e frenare la politica degli accordi con Ankara, già usati da Erdogan come arma di ricatto”.
Con la riforma costituzionale in Turchia il presidente sarà eletto direttamente dal popolo e acquisisce tutti i poteri esecutivi fino ad oggi attribuiti al premier: potrà proporre leggi, nominare e destituire vicepresidenti, ministri e funzionari governativi, e potrà emettere decreti legislativi su argomenti normalmente di competenza del governo, con l’esclusione di materie relative a libertà fondamentali e diritti civili e politici. In parallelo viene ridimensionato il ruolo di controllo che il Parlamento esercita su governo e presidente, i deputati potranno solo richiedere informazioni ma non sfiduciare presidente ed esecutivo. L’entrata in vigore della nuova costituzione nel 2019 azzererà il primo mandato da presidente di Erdogan consentendogli di restare in sella fino al 2029.