Bruxelles – Voto o non voto, l’Ossezia del Sud resta parte della Georgia. Unione europea e Nato ribadiscono la loro posizione sui territori contesi tra Tblisi e Mosca, mai veramente georgiani e sempre nella sfera d’influenza russa. Gli osseti hanno indetto elezioni presidenziali e un referendum per cambiare il nome della regione da Ossezia del Sud a “repubblica dell’Ossezia meridionale – Stato di Alania” (dal nome di Alania, lo stato fondato in epoca medievale dagli Alani, popolo nomade di orgine iranica che fondò l’Ossezia). La proposta serve a rendere ancor più chiara la volontà di indipendenza. La Nato oggi ha ufficialmente chiarito che non intende riconoscere né il voto né la separazione, l’Ue lo ha fatto addirittura il giorno prima del voto. “L’unione europea non riconosce il percorso che ha portato alle cosiddette elezioni presidenziali e il referendum sulla modifica del nome della regione separatista georgiana dell’Ossezia del sud”, il messaggio che l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Federica Mogherini, ha affidato al suo portavoce sabato. Oggi la replica della portavoce del segretario generale della Nato. L’alleanza atlantica “non riconosce le cosiddette elezioni presidenziali né il referendum tenuto domenica. Azioni unilaterali di modifica dello status della regione sono dannosi per gli sforzi volti a trovare una soluzione duratura in Georgia”.
Il nuovo leader pro-Putin e le divisioni Russia-Occidente
Nel Caucaso però si tira dritto lo stesso. Le elezioni si sono tenute, e c’è già un vincitore. Anatoly Bibilov ha vinto (57,9% delle preferenze) e sarà il presidente dell’Ossezia del Sud, in quelle che il Cremlino ha definito elezioni “democratiche”. Bibilov è un convinto filo-russo e questo non può che essere visto di buon occhio a Mosca. Le rinnovate contrarietà occidentali a tutto questo rischiano di accrescere le tensioni con la Russia, che con la Crimea prima e gli ultimi sviluppi in Siria hanno visto crescere tanto da deteriorare seriamente le relazioni. Sebbene indipendente de facto, l’Ossezia del Sud è stata riconosciuta sempre come parte della Georgia da parte della comunità internazionale. A oggi solo Russia, Venezuela, Nicaragua, Nauru e Tuvalu l’hanno riconosciuta come indipendente.
Uno Stato “fotocopia”. Prove tecniche di annessione?
L’Ossezia del Sud utilizza stessi colori e simboli del nord, russo. Bandiera a strisce orizzontali bianco-rosso-giallo e stemma raffigurante un leone persiano che cammina sulla sabbia, con alle spalle le montagne del Caucaso. Tutto indica uno Stato fotocopia nelle insegne. In caso di eventuale ricongiunzione tra nord e sud in un’unica entità tutto sarebbe già pronto. Non va dimenticato che il 65% della popolazione dell’Ossezia del Nord è composto costituito da osseti.
Ossezia del sud, una questione che risale al 1991
La questione dell’Ossezia del sud risale alla caduta dell’Unione sovietica. Gli osseti si autoproclamarono immediatamente indipendenti (21 novembre 1991), ma la Georgia reclamò per sé il territorio. Ne nacque il conflitto osseto-georgiano (1992), che non risolse la situazione. Nel 2006 gli osseti indissero un referendum sullo status del territorio, che vide prevalere il fronte dell’indipendenza. Nel 2008 la Georgia attaccò l’Ossezia del Sud, e immediatamente intervenne la Russia in difesa: Tblisi venne sconfitta, e l’Ossezia del Sud rimase indipendente sotto protezione di Mosca.
Gli aspetti geopolitici
L’Ossezia del Nord è un territorio che fa parte della repubblica russa. E’ comprensibile perché l’Ossezia del sud voglia non far parte della Georgia: la popolazione osseta, divisa tra il nord russo e il sud georgiano, non avrebbe un propria terra. Con l’indipendenza del Sud, una parte del popolo osseto eviterebbe un nuovo Kurdistan. A sud gli ossetti sono la maggioranza (89%), e i georgiani sono una minoranza (7,4%). Troppo pochi i russi (1,1%) per giustificare un’annessione da parte del Cremlino, che si aggiudicata comunque il controllo del territorio. L’economia dell’Ossezia del sud è pressoché inesistente. Poche risorse naturali, nessun tessuto industriale (quel poco che c’era ha risentito della guerra del 2008). L’unica fonte di reddito è il controllo del tunnel Roki, che unisce le due Ossezie, e su cui le autorità di Tskhinvali (la capitale dell’Ossezia del sud) possono guadagnare qualcosa dall’imposizione di dazi sulle merci e il pagamento di diritti di transito. Per la Russia, un sud indipendente significa non dover pagare la Georgia. E garantirsi una presenza maggiore nella regione del Caucaso. C’è poi la questione energetica. Fino al 2009, anno di inaugurazione del gasdotto Dzuarikau–Tskhinvali, il gas russo per arrivare in Ossezia del sud doveva passare per la Georgia. Questo significava immettere la risorsa nella rete di Tblisi. Un problema aggirato.