Roma – Sulle polemiche relative al presunto ruolo di facilitatori che alcune Ong, con le loro navi, svolgerebbero nei confronti del traffico di migranti “non commento perché non spetta a me farlo”, dice l’ammiraglio Enrico Credendino, comandante dell’operazione Sophia con cui l’Ue combatte gli scafisti nel Mediterraneo, ai parlamentari della commissione d’inchiesta sul sistema di accoglienza. “Dal giugno 2016 c’è un numero maggiore di Ong che lavora nell’area” della missione, spiega, “ma non hanno mai intralciato direttamente la mia operazione. Anzi, dobbiamo lavorare tutti insieme e coordinarci in mare, perché lì la situazione è molto complessa”. È per questo, prosegue, che “anche le Ong partecipano al forum per discutere e trovare metodi di coordinamento sempre più efficaci”.
L’ammiraglio stempera la diatriba, dunque, e ricordando che “il mandato di Sophia scade il prossimo 27 luglio”, annuncia come “molto probabile” un’estensione per un altro anno, “ma questo dipende dagli Stati membri”, i quali decideranno alla luce delle revisione strategica della missione, che presto verrà presenta insieme con la richiesta di rinnovo del mandato, prevede il comandante.
Poi respinge le accuse di chi ritiene la presenza della missione Ue – ma il discorso vale anche per le organizzazioni umanitarie – un fattore di attrazione per i migranti che tentano di arrivare in Europa. Quelle persone “non partono certamente perché ci sono le navi in mare” che li attraggono, sottolinea, “ma perché ci sono fattori che li spingono a partire, come guerre, terrorismo, mancanza di acqua e cibo”.
Nella sua relazione, Credendino mostra i numeri dell’operazione: 109 sospetti scafisti arrestati, 414 barche neutralizzate e 34mila migranti soccorsi. Poi dà conto della situazione di stallo per la quale “è lontana” la fase dell’operazione che prevede azioni in acque territoriali e successivamente sul territorio libico. “Al momento siamo costretti e bloccati in acque internazionali”, dice. Per contro, però, “gli scafisti non sono più in grado di uscire dalle acque territoriali libiche”, perché “sanno che verranno catturati se escono, quindi rimangono dentro e stanno perdendo le imbarcazioni e i motori” che usano per i loro traffici.
L’alto ufficiale di Marina fa inoltre luce su uno degli aspetti più tragici dell’immigrazione irregolare, ovvero le “condizioni terribili” delle donne migranti, che erano il 13% del totale nel 2016, il 9% nei primi 3 mesi di quest’anno. “Sanno tutte che molto probabilmente verranno abusate durante il viaggio e iniziano le cure anticoncezionali prima di partire”, indica Credendino. A suo avviso, le disperate “sanno molto bene quello che le aspetta, sia durante il viaggio che dopo, ma decidono comunque di partire perché evidentemente lo ritengono il male minore”.