Roma – Anche chi, attratto dal titolo, lo comprasse cercandovi delle ricette gastronomiche potrebbe non rimanerne così deluso. Perché “Carciofi alla giudia”, il romanzo della giornalista e scrittrice Elisabetta Fiorito in uscita domani per Mondadori, non dice come preparare la tradizionale ricetta della cucina romana, ma è ricco di ingredienti che stimolano la curiosità di sfogliare la pagina successiva.
Si tratta di un dramma, ben alleggerito però da azzeccate punte di comicità, nel quale la protagonista Rosamaria, regista teatrale convinta che “troppa religione fa male, qualunque essa sia”, sceglie per amore di piegare il proprio orientamento illuminista – e molto femminista – alle regole dell’ebraismo, circoncisione del figlio inclusa.
L’autrice ci presenta così le vicissitudini di una famiglia mezza ebraica e mezza no, che oscillando tra il religioso rispetto degli shabbat e della cucina kasher da un lato, e una pragmatica religiosità razionale dall’altro, vive le proprie vicende totalmente immersa nella realtà del suo tempo.
Una realtà fotografata nei dialoghi dei protagonisti, i quali si scagliano contro la crisi, il governo tecnico ed Equitalia, finendo anche col cedere all’euroscetticismo. Dichiarano ad esempio che “gli inglesi hanno capito tutto a non entrare nell’euro”, o fanno altri discorsi dello stesso tono, che però l’eroina del romanzo bolla come teorie qualunquiste e figlie di superficialità, concentrata com’è su altri problemi della vita.