Bruxelles – Quando i britannici scelsero la Brexit nel referendum del 23 giugno, l’allora commissario ai servizi finanziari e ai mercati dei capitali dell’Unione, Jonathan Hill, si dimise dall’esecutivo Juncker. A nove mesi da quella scelta, che fu apprezzata da tutti come gesto di responsabilità da parte di Hill, che aveva sostenuto il Remain, l’ex commissario ha trovato due nuovi e importanti impieghi. Peccato solo che uno dei due, quello di consulente senior per la studio legale Freshfields Bruckhaus Deringer LLP (“Freshfields”), sarebbe in contrasto con le regole di condotta per gli ex membri di un esecutivo comunitario, regole che, per evitare conflitti di interesse, prescrivono di evitare per almeno 18 mesi incarichi che potrebbero costituire un conflitto di interessi per chi ha avuto un ruolo di rilievo a Bruxelles, e potrebbe usare le sue conoscenze in Commissione per influenzare il processo decisionale dell’esecutivo.
‘Sarebbe in contrasto’ perché la Commissione ha deciso di fare un’eccezione per il britannico, seppur dettando alcune condizioni. Il collegio ha dato il via libera sia all’incarico di consulente per la Freshfields, sia a quello di direttore nazionale indipendente del Times. Tenendo conto del parere da parte del Comitato Etico ad hoc, la Commissione ha deciso che la nomina di Lord Hill come Senior Adviser per Freshfields è compatibile con i trattati ma a tre condizioni: durante il periodo di diciotto mesi dovrà astenersi dal fornire consulenza ai clienti Freshfields sui servizi finanziari, dovrà astenersi dal fornire consulenza alla stessa Freshfields per sé o per i suoi clienti di servizi non finanziari su questioni relative sempre a questo settore e infine dovrà astenersi da qualsiasi attività di lobby per conto dello studio legale nei confronti della Commissione.
E se dovesse violare queste raccomandazioni? In passato, ha ricordato il portavoce dell’esecutivo Alexander Winterstein riferendosi al caso dell’ex commissaria alla Concorrenza Neelie Kroes che aveva nascosto una sua attività parallela a quella nell’esecutivo, Bruxelles “emise una reprimenda che era la punizione ritenuta adatta in quella occasione”. Una scelta che più che una punizione però in pratica diede colpo di spugna sulla cosa. Per il portavoce comunque il rischio in questo caso non c’è, e la Commissione sembra affidarsi più alla fiducia che alle regole. “Conoscendo lord Hill non c’è la più piccola ragione per immaginare che possa anche solo andare vicino a violare le tre condizioni”, ha concluso Winterstein.