Di Fabio Colasanti
Molto spesso, in questi tempi difficili, vediamo articoli che chiedono all’Europa di “reagire”, di “svegliarsi”, di “prendere delle decisioni”, di fare questo o di fare quello.
Ma chi è “l’Europa”? Appelli o critiche generici di questo tipo sono molto simili ad appelli o critiche, per esempio, del Parlamento perché adotti le leggi che consideriamo necessarie. Il Parlamento di per se è un luogo fisico e una struttura amministrativa. Le leggi le adottano i deputati, organizzati nei partiti, quasi sempre su proposta del governo. Non è colpa del Parlamento come istituzione se un certo governo non fa alcune cose o se su certi punti non si riesce ad avere una maggioranza parlamentare a favore di questa o quella misura che auspichiamo.
Nella stessa maniera, l’Europa è un’organizzazione istituzionale/amministrativa, ma le decisioni sul suo futuro le prendono i paesi membri rappresentati dai loro governi, molto spesso su proposta della Commissione europea. Chiedere che, per esempio, “l’Europa si svegli”, lascia il tempo che trova. Non c’è nessuno che si senta interpellato in prima persona da un appello generico rivolto all’Europa nel suo insieme.
In Europa, come a livello nazionale, si deve dire cosa si vuole in maniera concreta e si devono cercare alleati per costruire una maggioranza che voglia le cose che vogliamo noi. Soprattutto, si deve dire chiaramente chi è che, secondo noi, non sta facendo il necessario. In Europa, su ogni tema ci sono alcuni stati membri che spesso condividono le nostre posizioni su questo o quel punto e anche stati membri che al livello nazionale mettono già in opera politiche come quelle che noi auspichiamo. Gli appelli devono identificare chi invece blocca certe decisioni; devono capire le ragioni delle resistenze e fornire argomenti che possano aiutare a superarle.
Se non si diventa concreti, gli appelli all’Europa lasciano il tempo che trovano. Peggio ancora, questi appelli generici aumentano le frustrazioni e aumentano la disaffezione. Fanno aumentare le aspirazioni senza aver quasi alcun effetto sui meccanismi decisionali dell’Unione europea.
Il problema è che nel momento in cui si cerca di concretizzare quello che si vuole e si cercano alleati, si è costretti a confrontarsi con la realtà, a capire perché alcuni non vogliono le cose che noi consideriamo necessarie e bisogna trovare degli argomenti per convincerli. Molte volte questo è molto più difficile e complicato di quanto si pensa. Ma cercare di farlo evita di lanciare appelli a fare cose che sono politicamente impossibili. A volte, si può anche scoprire che gli altri hanno delle eccellenti ragioni per non seguire le nostre proposte e che è necessario modificarle o ridimensionarle.