Bruxelles – Legare la politica migratoria a quella finanziaria riducendo gli aiuti a chi non accoglie i profughi è un “ricatto”, al quale i Paesi del gruppo Visegrad non vogliono sottostare. Pochi giorni dopo i festeggiamenti per i 60 anni dei Trattati di Roma Polonia, Ungheria, Repubblica ceca e Slovacchia si sono riuniti a Varsavia per un mini-vertice sui migranti e sulla Brexit, e il risultato è stata una rottura di quella unità dei Paesi Ue tanto sbandierata nella capitale italiana.
Victor Orbán, la premier polacca Beata Szydlo, i capi di governo céco Bohuslav Sobotka e slovacco Robert Fico si sono trovati tutti d’accordo su questo punto. “L’idea di legare i fondi che ci sono dovuti dai nostri trattati di adesione alla Ue alle nostre politiche migratorie nazionali è una cattiva idea, e in quanto gruppo di Visegrad non ci lasceremo intimidire”, ha detto Orbán parlando nella conferenza stampa al termine del vertice. “Il gruppo di Visegrad, compresa la Polonia, non accetterà mai questo ricatto, né accetteremo mai di farci dettare condizioni”, ha incalzato la premier polacca Szydlo aggiungendo: “Diciamo chiaramente che la politica verso l’ondata migratoria perseguita finora dall’Unione europea non ha dato prova di efficacia, e che occorre trarne lezioni e conseguenze”.
I quattro paesi hanno anche discusso dell’eventualità che l’accordo con la Turchia possa saltare, viste le tensioni continue tra Ankara e diverse capitali europee, Amsterdam e Berlino in testa. Se ciò dovesse accadere l’Ungheria fermerà i migranti, grazie al muro e alle nuove leggi sull’asilo ha assicurato Orban.
Parlando della Brexit, Szydło ha detto di volere che “avvenga in modo ordinato e senza mettere a rischio gli interessi della Polonia e di altri Paesi membri”. “Alla Gran Bretagna non si possono offrire condizioni commerciali migliori rispetto a quelle di cui godono gli altri Paesi Ue”, ha aggiunto il premier slovacco Fico.