Roma – “Fatti gli europei è ora necessario fare l’Europa”. È un intervento ottimista e proiettato a un futuro forse non proprio imminente quello che il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, pronuncia nell’Aula di Montecitorio in occasione delle celebrazioni del Parlamento per il 60° anniversario dei Trattati di Roma, che cadrà il 25 marzo prossimo. Mattarella è convinto che siano “le persone, particolarmente i giovani che già vivono l’Europa”, a rappresentare “la garanzia dell’irreversibilità della sua integrazione”.
L’inquilino del Colle si rivolge ai capi di Stato e di governo che si riuniranno al Campidoglio per sottoscrivere la Dichiarazione di Roma, invoca “visioni lungimiranti” come quelle che portarono i padri fondatori a intraprendere il cammino che ci ha portati all’Unione europea, la quale però oggi “appare quasi ripiegata su se stessa”. Sebbene sia “spesso consapevole, nei suoi vertici, dei passi da compiere”, poi si dimostra “incerta nell’intraprendere la rotta”, mentre le servirebbe una “capacità di sperimentare percorsi ulteriori e coraggiosi”.
Nonostante il proliferare dei nazionalismi, le divisioni su questioni importanti come la gestione dei flussi migratori, il freno di alcuni Paesi, Polonia in testa, a una maggior condivisione di sovranità, non scoraggiano l’inquilino del Colle, secondo il quale sull’integrazione europea serve “una riflessione, la cui necessità è accresciuta” dalla Brexit, ovvero “l’uscita per la prima volta di un Paese, il Regno unito, dall’Unione europea”.
Di fronte a un abbandono, il presidente rilancia il percorso di ampliamento dell’Ue. A chi ancora si interroga “se sia stato saggio procedere velocemente sulla strada dell’allargamento”, Mattarella risponde che “neppure l’Europa può permettersi di rinviare gli appuntamenti con la storia, quando essi si presentano, né possono prevalere separatezze e, tanto meno, amputazioni”. Al contrario, aggiunge, “va piuttosto praticata e accresciuta la vicendevole responsabilità, la solidarietà nei benefici e negli oneri”.
L’altro terreno sul quale il capo dello Stato dimostra una visione completamente orientata al futuro è quello delle regole dello stare insieme. Se tutti gli sforzi dei capi di Stato e di governo sono andati in direzione di trovare un percorso di avanzamento a trattati costanti, Mattarella indica invece che “le prove alle quali l’Unione europea è chiamata a tenere testa” – oltre a quella “finanziaria e a quella migratoria”, il presidente cita quelle “ai confini orientali e del Mediterraneo e l’offensiva terroristica” – “pongono con forza l’esigenza di rilanciare la sfida per una riforma dei Trattati”. Una revisione che a suo avviso è “ineludibile, come ha osservato il rapporto del Comitato dei saggi presentato nei giorni scorsi” dalla presidente della Camera, Laura Boldrini.
La stessa inquilina di Montecitorio, aprendo la celebrazione, ha ricordato che il percorso di integrazione europeo “è fatto di stop&go”. Ha citato le “battute d’arresto” sulla difesa comune, dalla quale si è ripartiti “con i Trattati di Roma”, e sulla Costituzione europea bocciata dai referendum in Francia e Olanda, dalla quale poi si è giunti “al Trattato di Lisbona”. Anche oggi, con la Brexit, siamo di fronte a “un’altra battuta d’arresto”, indica la presidente, “rispetto alla quale dobbiamo reagire” perché si trasformi in “opportunità per un cambiamento”.
“Se le istituzioni europee non riescono a dare risposte tempestive” ai problemi che vanno affrontati, ammonisce Boldrini, “è perché il progetto di integrazione è ancora incompiuto, è monco”. Per completarlo sarebbe “preferibile proseguire tutti insieme”, sostiene, ma ci sono “differenze” tra i vari Paesi membri “e vanno rispettate”, concede, ma “le riserve di alcuni non possono diventare la paralisi di tutti”.
Anche il presidente del Senato, Pietro Grasso, conferma l’apertura alle ipotesi di vari livelli di integrazione, la cosiddetta “Europa a più velocità”. Per Grasso, infatti, la “chiave del futuro sarà nella determinazione a procedere senza lasciare da solo nessuno, ma senza frustrare le ambizioni di chi vuole più Europa in alcune aree”.
Come Mattarella, anche la seconda carica dello Stato ritiene poi necessario un riassetto istituzionale dell’Ue. Critica l’attuale “potere esecutivo frammentato: Commissione, Consiglio, Eurogruppo, Ecofin, Bce”, e il fatto che tale frammentazione consenta talvolta a questo potere di “sfuggire al controllo democratico”. Per questo chiede un dibattito più approfondito “nei Parlamenti nazionali, tra loro e nel Parlamento europeo” per “migliorare l’assetto istituzionale”, ripensando “quali politiche possano essere svolte dall’Unione e quali invece è più proficuo lasciare a livello nazionale”.