Bruxelles – Da 60 anni promuove l’occupazione e il lavoro di qualità, l’inclusione sociale, l’istruzione e la formazione professionale. Da 60 anni aiuta i governi a costruire Paesi migliori, nel rispetto degli impegni comuni volti a “eliminare le ineguaglianze” e garantire quella “adeguata protezione sociale” così come stabilito dai Trattati. E’ il Fondo sociale europeo (Fse), il più longevo tra i fondi comunitari ancora in uso, e istituito dai trattati di Roma del 1957, gli stessi che hanno gettato le basi per l’attuale Ue e che gli Stati membri si apprestano a celebrare in occasione del 60esimo anniversario della firma. Il Fse è sempre stato fin dall’inizio lo strumento con finanziare la realizzazione del mercato unico e sostenere la costruzione del progetto di integrazione. Questo prevedeva il trattato che ha istituito la Comunità economica europea, che a tale fondo dedica una sezione speciale (capo 2). Con il passare del tempo altri strumenti finanziari si sono aggiunti, ma il Fes è rimasto sempre al centro delle politiche Ue.
Il padre delle risorse. Il Fondo sociale europeo (Fse) è tra tutti i meccanismi di finanziamento quello più longevo. Oggi il Fse è compreso nel più ampio ventaglio di fondi strutturali dell’Ue, ma resta il cuore dell’Europa. I fondi strutturali e d’investimento europei (Esi) racchiude i due fondi strutturali Fse e Fesr (fondo per lo sviluppo delle regioni), i fondi di coesione, e i fondi Faesr (sviluppo agricolo) e Fepm (pesca e mare). Il principale meccanismo di finanziamento del mercato unico ha conosciuto una trasformazione legata all’evoluzione della stessa Cee, oggi Ue. Un cambiamento che non ha scalfito il padre di tutti i fondi comunitari contemporanei. Per il periodo di bilancio 2014-2020 al Fondo sociale europeo sono state destinati 86,4 miliardi di euro. Il Fse da solo vale circa l’8,2% di tutto il programma pluriennale dell’Ue. Polonia (12,9 miliardi di euro), Italia (9,9 miliardi) e Germania (7,4 miliardi) i primi tre Paesi membri beneficiari per ammontare di risorse comunitarie da questo fondo.
Esempi di costruzione europea. Dall’assistenza alle micro-imprese campane, all’inclusione del mercato del lavoro per i giovani di etnia Rom in Spagna fino a misure di occupabilità per i non vedenti in Slovenia, sono tanti i progetti finanziati dal Fse nel corso degli anni. La Commissione europea ha voluto racchiudere e conservare queste e altre storie di successo dei benefici concreti dell’Ue in una pagina web appositamente dedicata e disponibile in tutte le lingue ufficiali dell’Unione europea. “La mia storia” racconta le storie che hanno fatto la storia dell’integrazione sociale europea grazie al Fse.
Obbligo di lotta alla povertà. Le risorse del Fse vengono usate per promuovere anche lo sviluppo delle regioni, nessuna esclusa. Gli Stati non possono però esimersi dagli obblighi di utilizzare il denaro che arriva dall’Europa in modo consono. Il regolamento del Fondo sociale europeo prevede esplicitamente che ciascun Paese utilizzi “almeno” il 20% delle risorse totali nazionali del Fse per misure volte a perseguire l’obiettivo di “promozione inclusione sociale, lotta alla povertà e a ogni discriminazione”. Il Fondo sociale europeo è dunque, da subito, la base di quel “pilastro sociale” che oggi i leader europei sono intenzionati a rendere prioritario nell’agenda dei lavori a Bruxelles come nelle altre capitali.
Un fondo “globale”. Non solo Europa. Nato con l’intento di aiutare gli Stati membri della Comunità e concepito per i loro cittadini, il Fondo sociale europeo ha col tempo sviluppato la capacità di adattamento alle necessità poste dal mondo in trasformazione. Ultimamente il Fse è stato utilizzato per finanziare progetti di inclusione sociale nel campo dell’immigrazione. E’ stata garantita assistenza ai richiedenti asilo, a testimoniare la vocazione comunitaria di stare al passo dei tempi.