Roma – “Usiamo i 73 seggi che saranno lasciati dalla Gran Bretagna” al Parlamento europeo dopo la Brexit “per eleggere deputati transnazionali, così da cominciare a colmare il divario tra le decisioni europee e i dibattiti a livello nazionale”. Intervenendo a un dibattito sul futuro dell’Ue, organizzato dalla Fondazione per gli studi progressisti europei (Feps) a Roma, in vista del 60° dei Trattati della Comunità europea, il sottosegretario agli Affari europei, Sandro Gozi, lancia l’idea di sostituire i membri britannici dell’Assemblea di Strasburgo con una pattuglia di eurodeputati più sganciati dalle appartenenze nazionali, e dunque in grado di mantenere una visione più europea nel loro operato.
Sempre in materia di selezione delle istituzioni europee, anche il segretario uscente del Pd, Matteo Renzi, lancia la sua proposta dalla e-news pubblicata sul suo sito personale. L’ex presidente del Consiglio, nell’ottica di “trasferire sempre più il potere europeo dalla burocrazia alla democrazia”, chiede “che fin dalle prossime elezioni europee, i partiti scelgano il proprio candidato alla presidenza della Commissione con primarie valide in tutti e 28 i Paesi”.
All’incontro organizzato da Feps, il presidente della Fondazione, Massimo D’Alema, si concentra sulla crisi che sembra investire le sinistre nel Continente e su come invertire la rotta. “Vedo Schulz (Martin Schulz, l’ex presidente del Parlamento europeo, ndr) alla testa di una campagna elettorale molto interessante, volta a rilanciare la politica di solidarietà e i salari”, indica D’Alema, il quale registra con favore “un netto spostamento a sinistra” del Partito socialdemocratico tedesco, che “Su questa linea ha recuperato consenso fino ad arrivare ad un testa a testa con Merkel” nei sondaggi relativi alle elezioni politiche del prossimo settembre in Germania. Secondo il presidente di Feps, che dopo il divorzio dal Pd non è più gradito nel Pse, per la sinistra “l’unico modo per recuperare consenso è riprendere il proprio ruolo, non estremista ma che difende i lavoratori e lavora per la crescita”.
Anche secondo Michele Bordo, esponente del Pd e presidente della Commissione Politiche Ue di Montecitorio, serve una svolta. Nel mirino “il complesso di regole in materia di finanza pubblica”, viziato da “palesi asimmetrie che concorrono ad assicurare palesi vantaggi ad alcuni Stati membri a discapito di altri”. Oltre a proseguire nella battaglia contro l’austerity e la rigidità delle regole di bilancio, per Bordo “le forze progressiste di sinistra devono poi correggere le politiche di welfare, anche alla luce dell’evoluzione demografica, e impegnarsi ancora per tradurre concretamente quel principio di solidarietà previsto dai Trattati ma non ancora attuato”.