Roma – Buste-paga addio? Al loro posto pagamento delle retribuzioni attraverso gli istituti bancari o gli uffici postali. Obbligatoriamente. Perché- sostiene la deputata Titti Di Salvo (Pd), presentatrice dell’iniziativa all’esame della commissione Lavoro della Camera, “alcuni datori di lavoro, sotto il ricatto del licenziamento o della non assunzione, corrispondono ai lavoratori una retribuzione inferiore ai minimi fissati dalla contrattazione collettiva, pur facendo firmare al lavoratore, molto spesso, una busta paga dalla quale risulta una retribuzione regolare”.
Insomma, insiste Di Salvo, la proposta di legge vuole introdurre “un semplice meccanismo antielusivo” e stabilisce che la firma della busta paga non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione.
La proposta di legge prevede dunque che lo stipendio venga corrisposto in questi tre modi: a) accredito diretto sul conto corrente del lavoratore; b) pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale; c) emissione di un assegno da parte dell’istituto bancario o dell’ufficio postale consegnato direttamente al lavoratore. La scelta del sistema di pagamento è rimessa direttamente al lavoratore.
Il datore di lavoro, al momento dell’assunzione, ha l’obbligo di comunicare al centro per l’impiego competente gli estremi dell’istituto bancario o dell’ufficio postale che provvederà al pagamento delle retribuzioni al lavoratore.
L’ordine di pagamento potrà essere annullato solo con trasmissione all’istituto bancario o all’ufficio postale di copia della lettera di licenziamento o delle dimissioni del lavoratore, rese secondo le modalità di legge.
Sono previste sanzioni per i datori di lavoro che non ottemperano agli obblighi introdotti da questa proposta . Sono tuttavia esclusi da queste modalità di pagamento i datori di lavoro che non sono possessori della partita Iva, i quali spesso non sono neanche titolari di un conto corrente.