Roma – “Le ipotesi dei matti sono sempre possibili”. Romano Prodi, ex presidente del Consiglio italiano e della Commissione europea, liquidà così l’ipotesi di una moneta da affiancare all’euro, la proposta alla quale Silvio Berlusconi starebbe lavorando per riavvicinarsi alla Lega di Salvini senza assumere posizioni troppo antieuropeiste. Di monete affianco all’euro “ne possiamo immaginare anche quattro, perché no? – scherza il Professore – una per gli alti, per i bassi, per i biondi e per i mori, ma se stiamo nel campo della razionalità: no”.
Parlando con i giornalisti a margine della Conferenza dei presidenti dei Parlamenti dei Paesi Ue, a Montecitorio, il professore ammette però che sia stato uno sbaglio non affidare la sovranità dell’euro a un’istituzione politica europea, ma “più che un errore”, precisa, il problema “è che non ci si è riusciti” nonostante fosse a “tutti chiaro che bisognasse proteggere la moneta unica con autorità fiscali, autorità che prendessero decisioni economiche”.
“Quando discutevamo dell’euro con il cancelliere tedesco Helmut Kohl – rivela Prodi – mi diceva che i tedeschi non ne erano entusiasti”, e che quindi si sarebbe dovuto “procedere piano piano con le altre cose”. Si trattava di “un disegno che si doveva completare nel lungo periodo”, ma dopo, i leader successivi, con la crisi economica, invece di andare avanti sono andati indietro”.
A fermare l’avanzamento è stata “la paura”, secondo Prodi. Questa e “i nazionalismi”, perché “il mancato completamento dell’armamento che doveva difendere l’euro è andato di pari passo con altri arretramenti: il potere che è passato dalla Commissione al Consiglio europeo; la struttura degli equilibri tra Paesi membri che ha visto la Germania diventare sostanzialmente l’unico arbitro dell’Europa; la crisi che ha fatto sì che non potessimo prendere una decisione comune come hanno fatto gli Usa e la Cina”.
Stimolato da una domanda sulle obiezioni che il giurista Giuseppe Guarino muove al Patto di stabilità, che non sarebbe da ritenere valido poiché ha modificato il Trattato di Maastricht senza avere la legittimità per farlo, l’ex premier risponde: “Sul piano legale non sono d’accordo con Guarino, ma che il Patto di stabilità sia stupido l’ho detto molti anni fa”. Poi, però, “come mai è stato approvato di mettere in Costituzione il pareggio di Bilancio?”, incalza. A suo avviso è una scelta “addirittura irrazionale”, perché “metti un numero in Costituzione, ma la politica è fatta così” sorride amaramente. Tornando alla liceità del “Patto di stabilità”, ammette che abbia cambiato le regole di Maastricht, ma “è stato un obbligo condiviso da tutti. Io stesso, pur definendolo stupido, l’ho sempre rispettato”, perché “essendo stato accettato da tutti è diventato un obbligo politico”.