Roma – Se i nazionalismi che rischiano di sfaldare l’Ue hanno come modello il presidente statunitense Donald Trump con il suo “America first” (prima l’America), secondo la presidente della Camera, Laura Boldrini, per rilanciare l’integrazione europea serve una risposta uguale e contraria: “Europe First”. È questo lo slogan che scandisce davanti ai suoi omologhi degli altri Paesi membri, riuniti nell’Aula di Montecitorio per il primo appuntamento istituzionale che apre, di fatto, le celebrazioni per il 60° anniversario dei Trattati di Roma, il 25 marzo prossimo.
Un appuntamento che non deve essere solo una commemorazione, indica Boldrini, ma deve stimolare la “discussione sul futuro” per far ripartire il progetto europeo, che oggi “sembra una macchina con il freno a mano tirato”. Per riprendere la marcia a velocità sostenuta ha bisogno di più integrazione, dice la presidente ricordando il documento per il federalismo da lei proposto e firmato da altri 15 suoi colleghi. Allo stesso tempo, serve la partecipazione dei cittadini, aggiunge illustrando l’iniziativa della consultazione pubblica dello scorso anno, che ha prodotto la relazione del gruppo si saggi con le proposte per il rilancio dell’Ue, tra le quali “un sussidio di disoccupazione o un reddito di dignità erogati dall’Unione europea”, che contribuirebbero a far prendere “la tripla A sociale” all’Ue e “cambierebbero la percezione che i cittadini hanno nei confronti delle istituzioni”.
Percezione oggi negativa per colpa di una retorica che imputa all’Europa “molte se non tutte le difficoltà che i nostri cittadini attraversano”, e che poi, “in occasione di elezioni nei nostri Paesi”, fa sì che venga “evocata, per guadagnare consensi, la prospettiva di uscita dall’Euro o addirittura dall’Ue”. Soluzioni “che non sono lungimiranti” e alle quali bisogna rispondere con “il rinnovamento della nostra casa comune”, che va fatto “rafforzando il ruolo del Parlamento europeo”, perché “l’esperienza ci ha insegnato che il metodo in intergovernativo mette in primo piano interessi di breve termine dei governi e mette a rischio” il progetto europeo.
La presidente vorrebbe che “tutti i nostri Paesi procedessero insieme verso l’integrazione politica”. Ma riconosce “le diversità di vedute” e “le riserve di alcuni”, che però “non possono diventare la paralisi di tutti”. Per questo “va presa in considerazione” la possibilità di un’Europa a diverse velocità, “ferma restando la facoltà, per gli altri, di aderire successivamente” ai percorsi che verranno avviati dai Paesi che si sentono più pronti a una maggiore condivisione di sovranità.
Anche l’ex presidente della Commissione europea Romano Prodi, intervenendo all’evento, indica nell’Europa a più velocità “la linea in cui dobbiamo agire per ricominciare a camminare assieme in modo unito e solidale”. Tuttavia, precisa, non vogliamo che questa strada sia “fatta di chiusure, ma che renda possibile a tutti partecipare in un momento successivo”.
Prodi è stato severo nel suo giudizio verso i governi dell’Ue, colpevoli di essersi trovati “molto spesso divisi di fronte alla globalizzazione” e di aver provocato uno slittamento del “punto di riferimento dell’Europa”, che “è passato dalla Commissione al Consiglio europeo”. Con questo graduale scivolamento verso il conflitto tra interessi contrapposti, a suo avviso, è iniziato “un periodo di stanchezza” del percorso di integrazione. Ci si è seduti e oggi “l’Unione europea non è più un modello di riferimento” per il mondo, ed è costretta a “inseguire” i veri player globali che sono Usa, Cina e Russia.
“Abbiamo bisogno di altre umiliazioni, di altre sconfitte per capire che solo uniti possiamo essere protagonisti della globalizzazione? Nessun Paese europeo può entrare da solo nella leadership del Mondo”, ammonisce l’ex presidente del Consiglio, “non l’Italia, non la Francia e neppure la grande Germania” possono farcela.
Il Professore registra poi con ottimismo il risultato delle elezioni in Olanda, segno che “i popoli europei, al momento del rischio, votano per la saggezza”. Questo giustifica la sua convinzione “che anche gli altri due grandi appuntamenti elettorali di quest’anno (in Francia ad aprile e maggio e in Germania a settembre, ndr) daranno gli stessi risultati”.
Una volta superati anche quei passaggi, potrà riprendere quel “cammino che ha bisogno di tanti anni” e che, anche a velocità diverse, ci permetterà di dire “ai giovani che non solo abbiamo garantito la pace, ma abbiamo anche preparato per loro e i loro figli un ruolo forte tra i protagonisti del mondo”. Per questo, conclude Prodi, le celebrazioni del 25 marzo “devono essere un passaporto per entrare nel futuro dell’Ue. l’Europa se lo merita”.