Roma – Il governo del Regno unito non ha idea di quanto possa costare l’uscita dall’Unione europea se, alla fine dei negoziati, non si riuscisse a raggiungere un accordo tra Londra e Bruxelles. Lo ha ammesso il ministro per la Brexit, David Davis, in audizione davanti alla commissione parlamentare britannica che si occupa del divorzio dall’Ue.
Calcolare l’impatto economico di un simile scenario è “impossibile al momento”, ha indicato Davis, “forse riuscirò a farlo tra circa un anno”, ha aggiunto, confessando che nessuna nuova stima di un eventuale fallimento dei negoziati con l’Ue è stata fatta dopo il referendum del 23 giugno scorso”.
Le rivelazioni di Davis arrivano dopo che ieri, parlando alla Camera dei Comuni in occasione della definitiva approvazione della legge sulla Brexit, la premier Theresa May aveva confermato l’intenzione di avviare l’iter per il divorzio entro fine mese. Dopo il pronunciamento del Parlamento, manca solo l’assenso reale al provvedimento, un passaggio che sarà completato “nei prossimi giorni” aveva indicato May. Poi, aveva aggiunto, si tornerà “in Parlamento entro la fine di questo mese, per notificare e attivare formalmente l’articolo 50 (del Trattato di Lisbona, ndr) e iniziare il processo attraverso il quale il Regno unito lascerà l’Unione europea”.
Un processo che però rischia di essere accidentato per la premier, che oltre alle spinte di alcuni Paesi Ue per una ‘hard Brexit’, un divorzio che penalizzi il Regno unito abbastanza da rendere non appetibili altre future separazioni, dovrà vedersela con le rinate spinte indipendentiste della Scozia e dell’Irlanda del Nord. La premier scozzese Nicola Strurgeon, infatti, ha dichiarato di voler riproporre il referendum per l’indipendenza entro il marzo 2019. Un’analoga consultazione si era tenuta nel 2014, quando il 55% degli scozzesi scelse di rimanere nell’Uk, ma “due anni e mezzo fa non sapevamo che restare parte del Regno Unito avrebbe significato uscire dall’Unione Europea”. “Questo non è il momento dei giochetti politici”, è la risposta piccata di May, secondo la quale “è arrivato il momento di unire il Paese” per avere un maggior peso contrattuale con l’Ue. Anche perché, come rivela Davis, i costi di un mancato accordo sono del tutto ignoti.