Bruxelles – Il consenso al trattamento dei propri dati personali, una volta espresso, ha validità implicita in tutti gli Stati membri dell’Ue. Questo ha decretato la Corte di giustizia europea nella sentenza che coinvolge aziende telefoniche di diversi Stati membri, in conflitto su questioni riguardanti il trasferimento di dati sensibili per la redazione di elenchi telefonici.
La vicenda riguarda il rifiuto, da parte di alcune società telefoniche dei Paesi bassi (Tele2, Ziggo e Vodafone Libertel), alla richiesta di dati relativi ai propri abbonati pervenuta dall’azienda belga European Directory Assistance (Eda), che fornisce elenchi abbonati e servizi di consultazione telefonica accessibili dal territorio belga. Il rifiuto nasceva da due presupposti: da un lato le compagnie olandesi non ritenevano di avere l’obbligo di fornire i dati in questione a un’impresa avente sede in un altro Stato membro, dall’altro contestavano l’automatico consenso dei loro abbonati alla trasmissione dei propri dati ad altri soggetti dell’Ue”. Secondo Eda, invece, le compagnie olandesi erano tenute ad adempiere alla richiesta in virtù della direttiva europea del 2002 sul “servizio universale”.
Con il verdetto, la Corte afferma che quando un abbonato acconsente al trasferimento dei propri dati personali verso soggetti terzi per essere inseriti in un elenco pubblico, “l’abbonato in questione non deve dare nuovamente il proprio consenso alla trasmissione degli stessi a un’altra impresa (anche se di altro Stato membro), qualora venga garantito che i dati in questione non saranno usati per scopi diversi”. In pratica, i giudici di Lussemburgo sostengono che il “quadro normativo ampiamente armonizzato” consente di assicurare in tutta l’Unione europea il medesimo rispetto dei requisiti in materia di tutela dei dati personali.
I giudici, inoltre, affermano che “il rifiuto di mettere i dati relativi agli abbonati a disposizione dei richiedenti, per il solo motivo che questi ultimi avrebbero sede in un altro Stato membro, sarebbe incompatibile con il principio di non discriminazione”.