Le politiche dell’Unione Europea per migliorare la qualità dell’aria riflettono una preoccupazione tipicamente post-materialista, che affonda le sue radici storiche nella fine del 1970. Per raggiungere lo scopo di sviluppare e implementare strumenti adeguati per migliorare la qualità dell’aria, l’Unione è impegnata su diversi fronti: il controllo delle emissioni da fonti mobili; il miglioramento della qualità del carburante; la promozione e l’integrazione delle esigenze di tutela dell’ambiente nel settore dei trasporti e dell’energia. Obiettivi che richiedono un reale investimento di lungo periodo nello sviluppo di modelli di produzione e consumo sostenibili.
Christian Ruggiero
Glocal warning: come l’inquinamento minaccia l’Europa
La crescente attenzione dell’UE alle tematiche ambientali ha prodotto significativi cambiamenti in termini legislativi: regolamentazioni più severe per le industrie, progressi nell’efficienza energetica, ma anche incentivi fiscali a imprese e cittadini. Benefici economici e sociali a cui fanno da contraltare i molteplici pericoli derivanti dall’inquinamento atmosferico. Un impegno maggiore da parte delle istituzioni europee e dei governi nazionali, può consolidare una nuova sensibilità verso una problematica di sempre maggiore attualità. Come spesso accade, però, solo il clamore mediatico desta l’attenzione dell’opinione pubblica. Una recente ricerca condotta dal Massachusetts Institute of Technology (MIT) avverte sulle conseguenze dello scandalo Dieselgate, che coinvolse Volkswagen nel settembre 2015: l’elusione dei parametri sulle emissioni inquinanti, per migliorare le prestazioni dei veicoli, rischiano di produrre, a distanza di anni, pesanti conseguenze sulla salute degli individui. L’Europa centrale presenta le maggiori criticità, mentre livelli di poco inferiori di concentrazione di particolato sottile si riscontrano nel Regno Unito e in alcuni Paesi del Mediterraneo (Spagna e Italia). “L’inquinamento atmosferico – segnala l’Agenzia europea per l’ambiente (Eea) – è un problema locale, paneuropeo e di tutto l’emisfero”. Sebbene negli anni le iniziative di contrasto al fenomeno siano in forte aumento, i risultati sono ancora insoddisfacenti. Nell’ultimo rapporto annuale, l’Eea indica lo smog come la maggiore minaccia per l’ambiente e la salute umana, in grado di causare “467mila morti premature” nel prossimo decennio. Oltre agli scarichi delle automobili, problematici sono in particolare gli impianti di riscaldamento, gli impianti energetici – dove vi è ancora un elevato uso di combustibili fossili –, nonché i processi di produzione industriale, che risultano ad oggi tra i maggiori responsabili dell’emissioni di gas. I parametri introdotti dal programma per l’Ambiente e l’Energia 2020-30, approvato lo scorso novembre dal Parlamento Europeo, coniugano prevenzione e tutela in una strategia a lungo termine. Un progetto ambizioso che entro il 2030 punta a ridurre del 50% le emissioni inquinanti totali rispetto ai livelli del 2005, con effetti benefici non solo sul comparto industriale. L’UE ha infatti studiato una policy integrata passando dall’agroalimentare al settore sanitario; un fattivo contrasto all’inquinamento può avere risvolti sociali ed economici positivi, migliorando nel complesso il benessere dei cittadini. “L’inquinamento atmosferico sta danneggiando la salute umana e gli ecosistemi”, dichiara Hans Bruyninckx, direttore esecutivo dell’Eea, che conclude: “Per imboccare un cammino sostenibile, l’Europa dovrà essere ambiziosa e andare oltre la legislazione attuale”. Un impegno comune in nome della sostenibilità e della compatibilità ambientale ed energetica.
Michele Valente