Roma – Cosa accomuna alcuni eurodeputati scettici verso l’Ue con altri colleghi convinti sostenitori dell’integrazione europea? Quasi nulla, se non la capacità di frodare il Parlamento europeo utilizzando impropriamente i fondi che vengono loro erogati dall’istituzione. La mappa delle frodi tracciata da Repubblica mette in evidenza come sia questo il tratto in grado di accomunare esponenti politici anche molto distanti a livello ideologico.
Il caso forse più famoso, perché riguarda una candidata alle presidenziali francesi, è quello per cui è finita sotto accusa la leader del Front national Marine Le Pen, la quale per altro si è trincerata dietro l’immunità da europarlamentare per rifiutare di dare risposte agli inquirenti francesi. Secondo quanto riporta il quotidiano romano, l’indagine sulla distrazione di fondi europei da parte del movimento di Le Pen si sta arricchendo di un nuovo capitolo, dal momento che le autorità europee e transalpine stanno esaminando anche i contratti del compagno della candidata all’Eliseo, Louis Alliot, e del padre di Miarine e fondatore del partito, Jean-Marie Le Pen.
Un’altra forza euroscettica abile a utilizzare in modo improprio i fondi dell’Europarlamento – e che è riuscita nell’obbiettivo di decretare l’abbandono dell’Ue da parte del proprio Paese – la britannica Ukip di Nigel Farage, che, ricorda Repubblica, “a breve dovrà restituire circa un milione di euro al Parlamento europeo per i contratti di una serie di assistenti”, oltre al mezzo milione circa di fondi percepiti dalla Alleanza per la democrazia diretta in Europa, che riunisce diversi partiti nazionalisti europei (tra cui l’Ukip e l’Afd tedesco), e ha usato i soldi per la campagna pro Brexit.
Risale alla passata legislatura europea il caso di Massimiliano Bastoni, che era contemporaneamente assistente a Bruxelles e Strasburgo del leghista Mario Borghezio e consigliere comunale a Milano, e secondo l’Olaf avrebbe procurato un danno di 35 mila euro per rimborsi viaggio richiesti per attività di servizio mentre in realtà si spostava per prendere parte alle sedute del Consiglio comunale.
Ancora sul fronte degli euroscettici, troviamo due esponenti M5S, Daniela Aiuto e Laura Agea, a carico delle quali penderebbero indagini interne dell’Assemblea di Strasburgo. La prima sarebbe sospettata di avere chiesto il rimborso per ricerche effettuate per svolgere il mandato europeo, ma che in realtà sarebbero state copiate dal web. La seconda di aver assunto come assistente un imprenditore, sospettato di non aver svolto il lavoro relativo al mandato europeo dalla deputata ma di seguirla invece nella politica locale, cosa vietata dalle regole del Parlamento Ue.
Poi c’è il polacco Jaroslaw Kaczynski, leader del partito della premier Beata Szydlo, che si avvaleva della signora Bozena Mieska-Stefanowska come badante della propria madre, retribuendola però con i fondi dell’Europarlamento, dal momento che risultava essere l’assistente del deputato europeo Tomasz Poreba.
Passando agli europeisti convinti, Repubblica scorre i casi di alcuni eurodeputati italiani. C’è l’esponente di Forza Italia Lara Comi, che ha assunto come assistente la madre, Luisa Costa, e ora dovrà restituire i 126mila euro del compenso erogato – ed ha già accettato di farlo con una rateizzazione fino al 2019 – dal momento che è proibito assegnare quegli incarichi a parenti. C’è l’attuale viceministro dei Trasporti, l’ex parlamentare europeo Rioccardo Nencini, al quale il Parlamento europeo aveva chiesto di restituire 455mila euro, ma la richiesta arrivò oltre il tempo massimo e Nencini fu graziato dalla prescrizione.
Infine troviamo l’eurodeputato ex Pd, Antonio Panzeri, che ha aderito al Movimento democratico e progressista nato dalla scissione di una parte della sinistra dem. Panzeri ha fatto ricorso alla Corte di giustizia europea appellandosi contro la richiesta di restituire 83 mila euro tra rimborsi per viaggi giudicati non idonei e finanziamenti dell’Europarlamento alla sua associazione.