Bruxelles – Se in Italia si legge “uno”, in Europa si traduce “centoquarantatre”. La Lombardia, prima regione in Italia per competitività, è infatti solamente 143ma su 263 nell’Unione europea. Un caso emblematico per un paese come l’Italia che sembra ormai finito in fondo alle classifiche europee come l’Indice di competitività regionale (Rci), pubblicato lunedì dalla Commissione Ue.
Il nostro Paese è l’unico fra gli Stati Ue membri del G7 in cui sulla cartina riassuntiva dello studio non è indicato alcun territorio “verde”, cioè con un tasso di competitività “positivo”, esattamente come accade nei Paesi dell’Est Europa, nelle repubbliche baltiche, in Portogallo e Grecia.
“Le regioni delle capitali tendono a essere le maggiormente competitive nei rispettivi Paesi”, si legge nel report, “le uniche eccezioni” sono Germania, Paesi Bassi e Italia, dov’è la Lombardia a fare da traino. Pur essendo 37° per Pil pro capite, però, la Lombardia è scivolata dal 128° posto del 2013 al 143° attuale. Gli studiosi, inoltre, portano il caso lombardo a esempio di “underperformance”, che si verifica quando i risultati in termini di competitività non corrispondono a quanto ci si aspetterebbe in base al Pil pro capite. Si tratta di una situazione che si riscontra anche nelle province autonome di Trento (41° per Pil, 153° Rci) e Bolzano (19° per Pil, 160° Rci), in Friuli Venezia Giulia (91° per Pil, 162° Rci), Veneto (69° per Pil, 169° Rci), Lazio (56° per Pil, 156° Rci) e Valle d’Aosta (31° per Pil, 177° Rci). Calabria e Sicilia figurano poi in fondo alla classifica sulla competitività, rispettivamente al 235° e al 237° posto.
A guidare la classifica Rci c’è la regione di Londra, che ha scalzato per la prima volta la regione olandese di Utrecht, scesa al secondo posto al pari dei territori britannici Berkshire, Buckinghamshire e Oxfordshire. All’altro capo della graduatoria, ci sono una regione della Grecia, una della Romania e la Guyana francese.
Lanciato nel 2010 e pubblicato ogni tre anni, il Rci vuole aiutare le regioni Ue a monitorare i propri miglioramenti e confrontarli con quelli di altri territori europei. Nello studio vengono presi in considerazione non sono solo i fattori economici, ma anche, ad esempio, il welfare, le infrastrutture, il livello di educazione e il funzionamento del mercato del lavoro.