Non è stata la Commissione che vorremmo, non è stato lo Juncker che ci saremmo aspettati.
Atteso per giorni, con una suspense alimentata anche dalla stessa Commissione europea, è uscito oggi il Libro Bianco sul futuro dell’Unione a Ventisette preparato dall’esecutivo comunitario. “un libro bianco, molto bianco” è stato il commento tra gli osservatori e i giornalisti appena avute in mano quelle 26 pagine nelle quali non c’è nessuna risposta, nessuna proposta. Non c’è neanche una vera analisi delle difficoltà e delle sfide.
La “Commissione politica” che Juncker e i suoi vorrebbero si è ridotta ad una “buon educatore”, come si racconta dai piani alti del Berlaymont che il vice presidente Frans Timmermans abbia, con orgoglio in realtà, definito il lavoro fatto.
Mentre parlando con i parlamentari italiani il commissario agli Affari economici Pierre Moscovici, la cui statura politica sta cominciando ad avere uno spazio indesiderato da molti, spiegava che oggi all’Unione “serve un sussulto politico per lottare per una Ue più democratica e più efficace, anche a livello economico”, veniva diffuso questo documento che in tanti definiscono semplicemente “inutile” .
E’ una fotografia dello status quo, dei pour parler che sono un po’ sulla bocca di tutti qui a Bruxelles e nelle capitali. In questo libro bianco, che Juncker ha presentato in Parlamento tenendo un profilo basso che non è il suo, manca un ragionamento su possibili scenari futuri, sugli sviluppi di situazioni politiche di grande rilievo che stanno avanzando in tanti Paesi dell’Unione. Manca un qualsiasi accenno alle aspettative dei cittadini.
Non si spiega cosa la Commissione vorrebbe fare del futuro dell’Europa, e dunque manca anche qualsiasi accenno a su come guidare la transizione. C’è solo un’analisi, fatta abbastanza bene a dire il vero, dell’impatto che i cinque scenari avrebbero sulle politiche dell’Unione. Il problema è che questi cinque scenari sono stati disegnati a tavolino, senza neanche affacciarsi dalla finestra.
Da una Commissione politica come rivendica di essere questa ci saremmo aspettati di più e di meglio. In realtà il minimo che avrebbero dovuto fare Juncker e i suoi era di indicare almeno una linea di indirizzo, in maniera chiara, limpida, con accanto gli strumenti per perseguirla. Questo di oggi non è un contributo politico, è un paper di background al massimo. Non è uno strumento per indirizzare il dibattito, come pure vorrebbe la Commissione: non ha l’analisi e i paletti necessari.
Non aiuta a capire e dunque non aiuta a progettare.
E anche dire, come ha fatto oggi Juncker in Parlamento, che la Commissione non vuole imporre ma vuole ascoltare vuol dire rinunciare al proprio ruolo di propulsione e unificazione.
In pratica oggi la Commissione ha lasciato mano libera agli Stati, si è arresa. E anche la sua preferenza tra i cinque scenari, non scritta ma nota a chi la ascolta tutti i giorni, quella per una mix tra il terzo e il quarto che vorrebbe dire ritirarsi da alcune politiche nelle quali si sente meno influente e stare su quelle di maggior impatto è una resa. Perché un conto è dire, con precisione, che alcune cose possono esser fatte meglio a livello locale, il che è vero, ed un altro e dire, genericamente, che su alcune politiche si ha meno impatto. Cosa significa, ritirarsi da temi come la protezione dei consumatori? La tutela dell’ambiente e della salute? Juncker e i suoi avrebbero dovuto specificare su cosa, per il bene dei suoi cittadini, delle sue imprese, del suo futuro, l’Ue dovrebbe lasciare spazio agli Stati. Così, accennando in maniera generica, si alimenta solo la confusione.
Manca, in questo documento, l’esercizio della volontà politica dell’Unione.