Bruxelles – Cinque scenari possibili, cinque effetti possibili. La Commissione europea, come preannunciato, ha presentato il suo Libro bianco sul futuro dell’Europa: 26 pagine nelle quali si spiega l’Unione com’è, secondo la Commissione, e come potrebbe essere se gli sviluppi saranno tra i cinque indicati. E’ il contributo alla Dichiarazione di Roma, che sarà adottata dai Ventisette in occasione delle celebrazioni dei sessanta anni dell’Unione.
Salta subito all’occhio che manca uno scenario, il sesto: quello di un’Unione alle quale partecipano grandi (o anche piccoli) Paesi dove al governo ci sono gli euroscettici, o “populisti”, come vengono chiamati più volentieri qui a Bruxelles movimenti come i Cinque stelle in Italia, il Front National in Francia, l’Afd in Germania e via così. E’ uno scenario in parte possibile, o comunque da non escludere alla radice. La Commissione ha deciso invece di non prenderlo in considerazione in maniera esplicita, forse anche perché davvero nefasto dal suo punto di vista.
I cinque scenari possibili (che non prevedono, ma non escludono, la modifica dei Trattati) sono: 1) Avanti così; 2) Solo il mercato unico; 3) Chi vuole di più fa di più; 4) Fare meno in modo più efficiente e 5) Fare molto di più insieme. Ogni scenario viene descritto ed esemplificato come se si parlasse direttamente ad un cittadino del tutto ignaro del tema in questione, con una scelta di temi davvero singolare, visto che, in teoria, si parla di un rilancio politico di grande respiro, su temi fondamentali.
Il numero 1 vorrebbe dire “proseguire nel percorso già tracciato”, con un’Ue che “si concentra sull’attuazione del suo programma positivo di riforme”. In questo caso, si porta ad esempio, gli europei “potranno incontrare problemi all’attraversamento delle frontiere a causa del persistere di ostacoli giuridici e tecnici” e dunque “sarà necessario recarsi all’aeroporto con largo anticipo sull’orario di partenza” (sic).
Il secondo scenario è quello di un’Unione che “si rifocalizza progressivamente sul Mercato unico, perché i 27 Stati membri non riescono a trovare un terreno comune su un numero crescente di aree politiche”. Anche in questo caso l’esempio è dello stesso tipo: “i controlli periodici complicheranno l’attraversamento delle frontiere” e “ sarà più difficile trovare lavoro all’estero”.
Con il terzo scenario si entra in una zona probabilmente più gradita alla Commissione: “L’Ue – si dice – continua secondo la linea attuale, ma consente agli Stati membri che più lo desiderano di fare di più insieme su ambiti specifici, come la difesa, la sicurezza o le questioni sociali”. L’esempio in questo caso è che “15 Stati istituiranno un corpo di polizia ed uno di magistrati per contrastare le attività criminali transfrontaliere”.
Anche il quarto è uno scenario gradito alla Commissione. “L’Ue si concentra sul produrre risultati maggiori in tempi più rapidi in determinate aree, intervenendo meno nei settori dove non viene percepita portatrice di un valore aggiunto” (chi e come valuterebbe questa percezione non è indicato, ndr). L’esempio qui è che “una nuova Agenzia europea per la lotta contro il terrorismo contribuirà a scoraggiare e prevenire gravi attentati”.
Nel quinto, soprannominato “il Verhofstadt”, perché delineato dal leader liberale al Parlamento europeo Guy Verhofstadt, “gli Stati membri decidono di condividere in misura maggiore poteri, risorse e processi decisionali in tutti gli ambiti”. L’esempio, molto specifico, è che “gli europei che desidereranno reclamare contro una proposta relativa a un progetto di turbina eolica finanziato dall’Ue faticheranno a mettersi in contatto con l’autorità responsabile poiché saranno indirizzati alle competenti autorità europee”. La Commissione però, si spiega da parte di chi conosce il dossier, lo ritiene “in questo momento il meno realistico”.
Tutti questi scenari sono poi collegati, a livello di esempi, dal “fil rouge” delle automobili connesse alla rete internet, che evidentemente per Bruxelles sono un caso chiaro per i cittadini, che avranno, a seconda degli scenari, più o meno libertà di movimento, di connessione o di regolamentazione chiara e uniforme.
Il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, nel presentare il progetto in questi minuti davanti al Parlamento europeo, ha parlato della necessità “di definire una visione per il futuro. E’ il momento – ha detto – della leadership, dell’unità e della volontà comune”.
In sostanza, il documento prende atto della Brexit e vuole essere, spiegano alla Commissione, “uno sforzo per strutturare il dibattito tra i leader”, per evitare che gli Stati “spingano a casaccio”. Il quadro però non è dei più semplici per Juncker e i suoi, le tornate elettorali di quest’anno vincolano molto le possibili prese di posizione determinate, e la Commissione vuole evitare “di farsi impallinare”. Nella lunga riunione tra i commissari che ha dato il via libera al documento si riferisce che il vice presidente Frans Timmermans abbia definito questo testo come lo sforzo “di un buon educatore, che responsabilizza e guida il dibattito, ma senza imporre soluzioni”. Forse, invece, una presa di posizione più esplicita sarebbe stata una buona dimostrazione della forza dell’Unione, che invece, di fatto, lascia tutto nelle mani degli Stati.
Nel corso dei prossimi mesi la Commissione ha poi promesso alcuni “documenti di riflessione” su temi quali “lo sviluppo della dimensione sociale”, “l’approfondimento dell’Unione economica e monetaria”, “la gestione della globalizzazione”, “la difesa europea”, “il futuro delle finanze”.