Roma – Il progetto Erasmus che permette agli studenti europei di studiare all’estero è oggi una politica chiave, “perché non dobbiamo unire gli Stati, ma i cittadini”. A pensarla così è Evarist Bartolo, ministro dell’Educazione e del lavoro di Malta – Paese detentore dell’attuale presidenza di turno dell’Ue – che oggi a Roma ha partecipato agli Stati generali Erasmus, iniziativa in occasione della quale lo abbiamo intervistato.
Eunews – Ministro, qual è l’importanza dell’Erasmus come collante tra i cittadini europei?
Bartolo – Credo che Jean Monnet lo abbia detto prima di tutti e nel modo migliore quando, verso la fine della sua vita, disse che il fondamento dell’Europa dovrebbe essere l’educazione e non l’acciaio né il carbone. Oggi più che mai è molto importante sviluppare l’Erasmus perché non si tratta di mettere insieme gli Stati ma i cittadini europei. Questa è una cosa molto importante per lo sviluppo economico e sociale dell’Ue, ma anche per la stessa idea di Europa. Certamente una parte del successo della storia europea è di avere questi giovani dell’Erasmus che vivono, studiano, abitano insieme e si sentono membri di una comunità più larga di quella del territorio nazionale. Ma ciò è molto importante non soltanto per l’identità o il senso di appartenenza all’Europa, ma anche perché oggi ha senso pensare a tutto ciò che facciamo in una prospettiva più larga di quella puramente nazionale.
E. – È quello che deve aver pensato la studentessa britannica che ha chiesto al governo May di non abbandonare il programma Erasmus nonostante la Brexit. Lo ritiene possibile?
B. – In questi ultimi anni l’Unione europea ha fatto delle iniziative per aprire l’Erasmus ai giovani al di fuori dell’Ue e poter continuare ad avere un nesso umano importante fra il Regno unito e l’Ue sarebbe positivo. In Gran Bretagna, proprio il settore delle Università è quello più in subbuglio per la Brexit, perché i loro campus sono tra i principali beneficiari dei fondi per la ricerca e adesso sono disperati.
E. – Se la premier Theresa May dice che uscire dall’Ue non è abbandonare l’Europa, è proprio quello della Cultura il campo in cui mantenere i legami più stretti?
B. – Credo di sì, ma in ogni caso ritengo che questo ‘isolazionismo splendido’ del Regno unito sia solo un mito. Da secoli studenti inglesi e dell’Isola britannica vengono nel continente e pensare che questo nuovo nazionalismo e protezionismo possa portare maggior benessere è solo un mito.
E. – Condivide i timori espressi ieri dal nostro ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, sul fatto che ci potrebbero essere nuove Brexit se l’Ue non cambia strategia?
B. – Sì, senz’altro. Anche per questo l’Erasmus è molto importante. Credo sia molto facile fare l’errore di dire che chi ha votato per la Brexit sia ignorante e non capisca. Dobbiamo chiederci perché hanno fatto quella scelta. L’Unione europea deve essere sensibile verso i problemi dei cittadini, in Italia come in Francia, in Germania e negli altri Paesi, e deve riuscire ad avere rilevanza nella loro vita quotidiana, nel pane quotidiano delle famiglie, nell’occupazione, nella casa. Se l’Ue non è rilevante su queste questioni, lasciamo un vuoto che poi viene riempito dai populisti che hanno gioco facile nel dire che se le cose non funzionano è colpa dell’Unione europea.