Bruxelles – Non solo Italia. La Germania ha un problema con le banche vecchio di anni, e ancora oggi il sistema finanziario tedesco è motivo di preoccupazione e monitoraggi. Ai tempi del bail-out, il sistema di regole che permetteva il salvataggio delle banche in difficoltà da parte dello Stato, nella Bundesrepublik sono stati spesi miliardi di euro di soldi pubblici per rimettere in piedi un settore ancora oggi tra i più a rischio. Se si considera che la Germania da sola rappresenta circa il 20% del Pil dell’Unione europea, si capisce perché tutti guardino al Paese con una certa attenzione. Lo ha fatto, da ultimo, la Commissione europea nel rapporto Paese pubblicato nell’ambito dell’approvazione del pacchetto sul semestre europeo. Qui si sottolineano i dubbi legati al mondo creditizio tedesco con tutti i rischi del caso. “Data la sua importanza economica e la sua forte integrazione nel tessuto dell’Ue, la Germania è una fonte di potenziali contagi per gli altri Stati membri” di Eurozona ed Ue.
Contemporaneamente anche il think tank Transnational Institut (Tni), ha acceso i riflettori sulla Germania ricordando la storia degli istituti di crediti tedeschi. “Dalle banche semi-pubbliche dei Landers al colosso di Deutsche Bank, le banche in Germania hanno fatto uso di prodotti finanziari rivelatisi a rischio fallimento, e quindi le banche hanno richiesto ampie misure di bail-out”, ossia di intervento pubblico per scongiurare crisi di liquidità dovuta alla detenzione di titoli e prodotti tossici. Nulla di male. E’ avvenuto in un momento in cui era previsto che si potesse fare. Poi le regole sono cambiate ed è stato introdotto il regime di “bail-in”, in base al quale devono essere i privati – azionisti, detentori di obbligazioni e anche correntisti con depositi superiori a 100mila euro – a ripianare le perdite dell’istituto. Però la storia certifica un problema con le banche. Il governo tedesco, ricorda sempre Tni, ha creato un fondo di 480 miliardi di euro (pari a circa il doppio del Pil della Grecia) per mettere in sicurezza il settore bancario, con una perdita netta di almeno 38 miliardi di euro. La sola liquidazione di WestLB, la più grande banca di uno Stato, è costata 18 miliardi.
Banche spericolate. Gli istituti di Germania si sono riempiti di titoli tossici per via di un atteggiamento spregiudicato e spericolato, secondo il think tank Transnational Institut. Analisi condotte al riguardo, suggeriscono che “le autorità nazionali si sono comportate male nel disciplinare le banche tedesche, e che tali banche hanno adottato pratiche rischiose perché si aspettavano l’intervento dello Stato in caso di necessità”. Ora però lo Stato non può più intervenire, e restano i problemi legati al passato. Tanto che la stessa Commissione non può fare a meno di riconoscerlo. “La sostenibilità del profitto rimane la sfida più grande per il modello di business delle banche tedesche”, ha ammesso il team Juncker. “Un rendimento dello 0,8% sui titoli a giugno 2016, tra i più bassi dell’Ue, e un ulteriore deterioramento del rapporto costi/ricavi del 70,4% alla fine del 2015 solleva domande sulla sostenibilità del modello di business delle banche tedesche”.