Bruxelles – L’Unione europea continua la discesa verso l’obiettivo del 20% di riduzione dei consumi energetici entro il 2020. E’ quanto emerge dai dati pubblicati da Eurostat sul consumo interno lordo di energia dei Paesi membri relativo al 2015, che certificano che il Continente consuma 1.626 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtoe), ovvero il 2,5% di energia in meno rispetto al livello registrato nel 1990. Seppur in leggero rialzo comparato al 2014, la soglia dei 1.483 Mtoe stabilita dalla strategia 2020 si avvicina sempre di più dopo il picco registrato nel 2006 (11% in più rispetto al 2015).
Secondo Eurostat, i combustibili fossili restano ancora la principale fonte di energia, sebbene il loro peso sia costantemente diminuito nel corso degli ultimi decenni, passando dall’83% del 1990 al 73% del 2015. In particolare Danimarca e Lettonia, registrano il più importante calo nell’uso dei combustibili rispetto al 1990, mentre solo Svezia, Finlandia e Francia si attestano sotto la quota del 50% di energia prodotta tramite energie non rinnovabili. Cresce invece del 20% la dipendenza dell’Unione europea dalle importazioni di combustibili fossili, considerato il forte aumento del Regno Unito che è passato da una dipendenza del 2% nel 1990 al 43% del 2015, e della Polonia (dall’15% al 32%), facendo segnare in totale una dipendenza pari al 73% nel 2015, rispetto al 53% del 1990.
Dai dati emerge inoltre che la Germania resta il paese più energivoro tra i 28 con una quota pari al 19%, seguita da Francia (16%), Regno Unito (12%), Italia (10%) e Spagna (7%), mentre Lituania, Lettonia ed Estonia mostrano il più grande calo dei consumi energetici rispetto al 1990, rispettivamente diminuiti del 57%, 45% e 37%.