Bruxelles – Il servizio per l’azione esterna dell’Ue (Seae) ha pagato poco e male i tirocinanti nelle sedi estere, anzi è addirittura è capitato che non li abbia pagati affatto. Una pratica che “deve finire”, avverte il difensore civico europeo, Emily O’Reilly, nella raccomandazione indirizzata agli uffici del Seae, guidati dall’Alto rappresentante Federica Mogherini, a seguito di un’inchiesta avviata dopo la denuncia di un’ex stagista. Una tirocinante di nazionalità austriaca ha dichiarato di non essere stata pagata per il suo servizio nella delegazione Ue in Asia, sporgendo una denuncia che è arrivata sul tavolo del difensore civico a marzo 2014, quando in carica c’era ancora la Commissione Barroso e l’Alto rappresentante era la britannica Catherine Ashton.
Emily O’Reilly ha aperto l’indagine, e a ottobre 2014 ha chiesto chiarimenti per la prima volta. La nomina della nuova Commissione europea le successive e conseguenti nuove nomine negli staff e la riorganizzazione degli uffici però non ha aiutato a velocizzare l’inchiesta, anzi. Il difensore civico contesta ritardi nelle risposte fornite alla prima richiesta di chiarimento, ma data la situazione è comprensibile che le spiegazioni non siano state proprio immediate. Ne sono quindi state chieste di nuove, che però non hanno comunque dissipato i dubbi. Tanto che oggi è arrivata la raccomandazione per il servizio per l’azione esterna. “Il Seas dovrebbe pagare a tutti i suoi tirocinanti, inclusi quelli nelle delegazioni dell’Ue, un’indennità adeguata”. Pur riconoscendo che la natura dell’indennità dovrebbe essere materia del Seae, per O’Reilly resta fermo i principi per cui tale indennità “deve rispettare il principio di non discriminazione e deve incoraggiare tutti i giovani a fare domanda di tirocinio indipendentemente dalla situazione economica della famiglia”. Uno stage presso il servizio esterno non deve essere, in sostanza, solo per chi se lo può permettere. Gli uffici di Mogherini hanno tempo fino al 15 maggio per rispondere a questa raccomandazione.
Maja Kocijancic, portavoce del Seae, già offre alcune prime spiegazioni, ricordando che nell’apertura di posizioni “free” non c’è nulla di strano. “Esistono stage pagati e non pagati”, con questi ultimi che “non sono stati inventanti dall’Ue, è una tradizione di molte istituzioni internazionali come l’Onu, che offre la stessa possibilità”. Il vero problema, semmai, è che pochi ne sono a conoscenza. Il Seae, spiega ancora la portavoce, “ha preso misure per garantire più trasparenza” nei bandi. Attualmente mediamente se ne contano circa 200 l’anno di quelli non retribuiti tra posti in Commissione, Seae e sedi di rappresentanze. “Stiamo studiando cosa fare per l’aspetto finanziario”, anticipa comunque Kocijancic.