di Giacomo Bracci
Una lettera firmata dal presidente della BCE Mario Draghi in risposta ad un’interrogazione degli eurodeputati Marco Valli e Marco Zanni ha recentemente suscitato un acceso dibattito in merito a ciò che accadrebbe qualora un paese come l’Italia decidesse di recedere dall’eurozona, istituzione che Mario Draghi ha poi recentemente definito «irrevocabile». In particolare, nella lettera, Draghi inizia la sua discussione spiegando che la prima amplificazione dei saldi negativi TARGET2 per l’Italia e gli altri paesi cosiddetti PIIGS, avvenuta a partire dal 2010-11, rifletteva una fuga di capitali dagli asset della periferia europea a quelli del centro, in particolare quelli tedeschi, ritenuti più sicuro in seguito alla crisi del debito sovrano.
A causa del collasso del mercato interbancario europeo, dovuto alla persistente crisi di fiducia originatasi dal fenomeno sopra descritto, le banche della periferia hanno dovuto ricorrere a finanziamenti diretti presso la BCE per poter trasferire depositi e pagamenti presso istituti bancari esteri. L’amplificarsi del divario fra saldi TARGET2 negativi dei PIIGS (che riflettono un aumento del volume dei pagamenti in uscita) e quelli positivi registrati dalla Germania ed altri paesi (che riflettono un aumento dei pagamenti in entrata) è rientrato a seguito dell’intervento della BCE a garanzia dei debiti sovrani della zona euro.
Tuttavia – come spiega Draghi nella sua lettera – a seguito dell’implementazione del quantitative easing da parte dell’istituto di Francoforte, molte banche centrali tra cui Banca d’Italia hanno dovuto ricorrere all’acquisto di titoli di stato detenuti da soggetti non appartenenti all’eurozona. Si legge nel documento:
Circa la metà degli acquisti è stata effettuata da controparti situate all’esterno dell’area dell’euro, che per lo più accedono al sistema di pagamento TARGET2 soprattutto tramite la Deutsche Bundesbank. Ne è risultato pertanto un incremento del saldo TARGET2 della Deutsche Bundesbank nei confronti della BCE.
Ciò spiega la rinnovata amplificazione del saldo negativo italiano all’interno del sistema dei pagamenti TARGET2, che, come viene spiegato all’interno di questo video, consiste in un sistema di contabilità interno all’Eurosistema, il quale consente ai sistemi bancari di un paese di effettuare pagamenti nei confronti di sistemi bancari di altri paesi appartenenti all’eurozona. Se un paese ha effettuato più pagamenti di quanti ne riceve, la banca centrale nazionale registrerà una passività nei confronti della BCE; vice versa, se un paese ha ricevuto più pagamenti di quanti ne ha effettuati registrerà un’attività nei confronti della BCE. Contestualmente, la BCE registrerà sul proprio bilancio crediti nei confronti delle banche centrali “in passivo” (come ad esempio Banca d’Italia) e debiti nei confronti delle banche centrali “in attivo” (come ad esempio Bundesbank).
Draghi conclude poi la sua lettera scrivendo, in risposta ad una precisa domanda degli eurodeputati, che se «un paese lasciasse l’Eurosistema, i crediti e le passività della sua BCN nei confronti della BCE dovrebbero essere regolati integralmente». Naturalmente, questa affermazione ha generato un intenso dibattito fra chi sostiene che la passività che un paese come l’Italia manifesta nei confronti della BCE (pari a circa 356 miliardi di euro) debbano essere pagate contestualmente nel caso in cui il paese lasciasse l’eurozona e chi invece ritiene che la BCE dovrebbe semplicemente sopportare una perdita dovuta all’eliminazione del credito TARGET2 nei confronti di Banca d’Italia; perdita che sarebbe ripartita fra le banche centrali ancora appartenenti all’eurozona secondo la loro quota di partecipazione al capitale della BCE.
Il nodo TARGET2 si collega direttamente alle modalità con cui un paese può pensare di uscire dall’Eurosistema. La procedura più comunemente nota, ma anche la più discussa in ambito accademico e nel mondo politico, è quella che prevede la ridenominazione integrale di conti correnti e contratti bancari in una nuova valuta nazionale (che chiameremo per semplicità lira). Questa procedura, secondo istituti bancari come Nomura, può portare ad una svalutazione della nuova moneta nazionale che oscilla fra il 25% ed il 35% rispetto all’euro, e la necessità di saldare un’ulteriore passività pari a 356 miliardi di euro può essere problematica per due ragioni. Se l’Italia decidesse di saldare il conto TARGET2, sarebbe costretta a convertire lire in euro portando ad un’ulteriore svalutazione della moneta nazionale; se invece decidesse di non pagare, la BCE registrerebbe una perdita senza che ciò intacchi la sua operatività, ma la possibilità per l’Italia di ottenere euro per le sue importazioni da paesi ancora appartenenti alla moneta unica potrebbe essere seriamente compromessa, a causa del sostanziale default verso la BCE.
Tuttavia, esiste un’alternativa percorribile attraverso la quale l’Italia può onorare la sua passività nei confronti della BCE relativa al saldo TARGET2, ed è ispirata ad una procedura di recesso dall’Eurosistema descritta dall’economista Warren Mosler. La procedura potrebbe infatti prevedere che non si ridenomini in maniera forzosa alcun conto corrente o contratto bancario da euro a lire, ma che la scelta della conversione sia lasciata liberamente al singolo correntista. Al contempo il governo italiano inizierebbe a spendere e tassare esclusivamente in lire, generando perciò la necessità per la cittadinanza di procurarsi la valuta necessaria al pagamento delle tasse e innescando pertanto una graduale domanda di lire.
Immaginiamo cosa accadrebbe se ad esempio un terzo dei correntisti decidesse di convertire gli euro nel proprio conto corrente in lire: per ottenere lire le banche italiane presso cui i conti correnti sono detenuti dovranno depositare euro presso Banca d’Italia ed ottenere lire al cambio vigente, che può essere fissato pari a 1:1 in una fase iniziale. Dando uno sguardo all’ammontare dei conti correnti detenuti in euro dagli italiani, si tratta in questo momento di 1.500 miliardi di euro circa, e a seguito della conversione di un terzo dei depositi Banca d’Italia acquisterebbe un asset di 500 miliardi di euro, che potrebbe utilizzare per estinguere la passività di 356 miliardi di euro relativa al saldo negativo TARGET2.
A bilancio per Banca d’Italia perciò figurerebbero in un primo momento:
Attività | Passività |
€500 miliardi depositati da banche | Lire 500 miliardi per riserve bancarie |
Riserve valutarie estere | Altre passività |
Altri attivi | Patrimonio netto |
€356 miliardi da restituire a BCE |
A questo punto, Banca d’Italia potrebbe estinguere la passività di circa 356 miliardi di euro utilizzando i 500 miliardi di euro acquisiti tramite la conversione dei c/c, e il suo bilancio potrebbe essere descritto come segue successivamente al rimborso:
Attività | Passività |
€144 miliardi depositati da banche | Lire 500 miliardi per riserve bancarie |
Riserve valutarie estere | Altre passività |
Altri attivi | Patrimonio netto |
A questo punto, la passività residua verso la BCE sarebbe estinta, ma Banca d’Italia si troverebbe di fronte alla possibilità di avere un patrimonio netto negativo. Le riserve in euro depositate dalle banche contestualmente alla conversione sarebbero infatti ora pari a 144 miliardi di euro; una consistenza minore dei 500 miliardi di lire corrispondenti alle passività riferite alle riserve in lire detenute dalle banche commerciali. Se le altre attività sul bilancio di Banca d’Italia, comprese le riserve ufficiali e gli altri crediti, non fossero sufficienti a bilanciare il differenziale fra passività in euro e attività in lire, il patrimonio netto di Banca d’Italia sarebbe infatti negativo.
Per riportare in positivo il patrimonio netto della banca centrale, sarebbe necessario a questo punto procedere all’emissione di lire fino a coprire il differenziale, e ciò significherebbe che il cambio fra euro e lire non potrebbe essere più 1:1. Se non vi fosse la volontà da parte delle istituzioni italiane di alterare il corso del cambio, tuttavia, l’operatività della banca centrale non verrebbe compromessa dalla presenza di un segno negativo del patrimonio netto. Diverse pubblicazioni, alcune di esse da parte della stessa BCE, certificano come un istituto di emissione non abbia necessità operativa di mantenere un patrimonio netto positivo, sebbene vi siano molti economisti che legano le consistenze positive del capitale di una banca centrale alla sua credibilità e alla stabilità del livello dei prezzi. Alcune banche centrali non appartenenti all’Eurosistema, tra cui la Banca Centrale della Repubblica Ceca, operano da circa 15 anni con capitale negativo.
In ogni caso, il rimborso del saldo TARGET2 può essere efficacemente effettuato dalla Banca d’Italia nell’ambito di un processo di recesso dall’eurozona che non prevede la ridenominazione forzosa dei conti correnti e dei crediti bancari, evitando una pericolosa svalutazione immediata della lira che potrebbe seriamente compromettere la credibilità del governo che gestirà la transazione e una perdita cronica del potere d’acquisto della nuova valuta nazionale in caso di uscita.
Attraverso la procedura delineata all’interno di questo articolo, inoltre, un recesso ordinato dall’eurozona sarebbe possibile senza compromettere la credibilità del paese nei confronti dei mercati internazionali, che valuterebbero negativamente un default miliardario in euro nei confronti della BCE, e contribuendo perciò alla protezione del ruolo italiano negli scambi commerciali internazionali.
Nell’ottica di un negoziato con le istituzioni europee volto a modificare la natura fortemente restrittiva delle politiche fiscali concesse ai paesi membri dell’eurozona, la predisposizione di un piano ordinato di recesso dalla moneta unica che non presenti problemi fondamentali per la tenuta dell’economia del paese uscente appare perciò cruciale.