Bruxelles – In Italia la corruzione appare sempre più difficile da individuare e combattere, questo perché “assistiamo a una smaterializzazione della tangente: di denaro ne circola sempre meno, mentre si scambiano direttamente favori tra il corrotto e il corruttore. Così diventa arduo per la magistratura e le forze dell’ordine scoprire gli atti incriminati”. Lo ha denunciato Michele Corradino, magistrato e componente dell’Anac, Autoritá nazionale anticorruzione, presentando al Parlamento europeo il suo libro “È normale, lo fanno tutti…storie dal vivo di affaristi, corrotti e corruttori” (Chiarelettere).
Al quesito su quali siano le origini della corruzione italiana, le risposte sono diverse. “In Italia c’è una burocrazia esagerata, alimentata dalla farraginosità dei meccanismi amministrativi”, sottolinea Goffredo Bettini del Pd che con David Sassoli è stato l’organizzatore del dibattito. “In più”, prosegue l’eurodeputato, “manca un vero mercato competitivo, laddove non viene premiato il merito sulla base di regole precise, ma si preferisce ‘spartirsi la torta’ tra tanti”.
Tra le cause strutturali del fenomeno, un posto centrale spetta alla componente culturale. Bettini parla di una “subcultura italiana, basata su un’insofferenza verso lo Stato. Una specie pigrizia con la quale le diverse maggioranze politiche sono di volta in volta scese a compromessi”. Sassoli concorda: “Tanti fatti gravi ormai non ci scuotono più. Non riusciamo più a scandalizzarci, ma anzi vediamo in alcuni meccanismi un tratto chiave della nostra identità nazionale.”
I partiti hanno le loro responsabilità nel propagarsi della corruzione. In particolare, secondo Sassoli, negli ultimi tempi “è venuta meno la funzione pedagogica della classe politica”. “Alcuni politici, soprattutto a livello locale, oggi sono del tutto sottomessi al sistema. Nel mio libro cito alcuni esempi eclatanti di questo aspetto”, aggiunge l’autore del volume.
Insomma, tra mancanza di senso civico, burocrazia eccessiva e individualismo sfrenato il fenomeno è considerato “normale” nella Penisola. Eppure qualche motivo per essere ottimisti c’è. “L’Italia ultimamente ha fatto passi avanti nella lotta alla corruzione”, spiega il magistrato siciliano. “L’Ocse ha riconosciuto gli sforzi fatti dal nostro Paese, portando perfino ad esempio alcune pratiche dell’autorità nazionale anticorruzione”. La strada, tuttavia, è ancora lunga e passa da due elementi fondamentali: trasparenza e semplificazione. Insieme all’impegno di tutti i cittadini, come ribadisce Corradino: “l’Ocse lo chiama controllo sociale diffuso. Ed è proprio quello che ci serve”.