Bruxelles – Un occhio a est, e un altro a ovest. La Moldova di Igor Dodon si presenta all’Unione europea, nel tentativo di mettere al sicuro quel poco che la repubblica ex-sovietica può ottenere dal nuovo alleato. O meglio, dall’altro partner, quello occidentale. Il nuovo presidente moldavo, Igor Dodon, è un filo-russo, e potrebbe rimettere in discussione i rapporti faticosamente costruiti sin qui tra Chisinau e Bruxelles. Dodon ha compiuto la sua visita nella capitale dell’Ue per incontrare i presidenti delle istituzioni comunitarie (Jean-Claude Juncker, Donald Tusk, Antonio Tajani) e l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza (Federica Mogherini). A tutti ha ribadito la disponibilità a rispettare gli impegni assunti nell’ambito degli accordi di associazione, il passo che ha portato il Paese dell’est ad avere un piede nel mercato unico. Ufficialmente c’è la disponibilità a continuare come fatto finora, ma nel Paese persistono i problemi di sempre. L’Ue riconosce da sempre la Moldova nella sua integrità, vale a dire con la Transnistria, regione sotto controllo russo. Motivo di imbarazzo nei rapporti con il partner storico, quello orientale. La Moldova resta ancora a Mosca. Prima della sua elezione a presidente, Dodon ha fatto scalpore per le sue dichiarazioni sulla legittimità delle azioni russe in Crimea, in quanto “parte della federazione russa”.
Il nuovo presidente moldavo sembra non essere sulla stessa lunghezza d’onda dell’Ue in questioni di politica estera. La scommessa sarà quella di preservare rapporti con un Paese verso il quale l’Ue è impegnata da tempo a fare quante più concessioni possibili. La lingua principale della Moldova è il romeno, buona parte della popolazione non ha nascosto di volersi unire alla Romania. C’è quasi un obbligo morale dell’Ue nei confronti di questo Paese. Ma la sensazione è che l’Ue possa non rappresentare più quell’obbligo che in repubblica di Moldavia si era avvertito fino a dicembre, momento della nomina del nuovo presidente.
La Moldova. Con poche risorse naturali e l’assenza di un tessuto industriale, la Moldova è uno dei Paesi più poveri d’Europa. Proclamatosi indipendente il 27 agosto 1991, la repubblica non ha saputo creare alternative alle dipendenze di Mosca. Non a caso ancora oggi il governo guarda ancora alla Russia come possibile ancora di salvezza. Divisa tra tradizione e cambiamento, la Moldova è da sempre legata al passato che russo, e voglie di un presente europeo. La Russia non intende rinunciare a un territorio che è considerato come propria zona d’influenza, l’Ue ha interesse a strappare al Cremlino aree ad elevata valenza strategica.
Interesse strategico. Piccola e povera, la Moldova rappresenta le propaggini sud-orientali dell’Europa, appena fuori i confini dell’Ue. A metà strada tra i Carpazi e il Mar Nero, il territorio oggi occupato dall’ex repubblica sovietica è stato punto il punto di accesso in Russia dai Balcani e viceversa. Il suo controllo è fondamentale. Non a caso il territorio è stato oggetto di contese e spartizioni: nel XIX secolo se lo sono diviso gli imperi russo e ottomano, nel XX secolo è finito diviso in tre zone di influenza sovietica, tedesca e romena. La giovane repubblica è inoltre strategica in quanto Paese di transito del gas: è anche da qui che la risorsa russa si immette in Europa, fortemente dipendente dai flussi che spingono da est.
Energia, un nodo da sciogliere. La Moldova non ha risorse naturali, e dipende da gas e petrolio russi. Moldovagaz, la compagnia nazionale, opera come sussidiaria di Gazprom. Le autorità moldave stanno cercando di ridurre la dipendenza dalla Russia, attraverso connessioni al mercato europeo e l’ingresso di altri operatori. Il connettore Iasi-Ungheni per il collegamento con la Romania risponde a questa strategia. L’Europa però è a sua volta dipendente del fornitore russo, e il progetto non risolve il problema. Anzi. Alle autorità di Mosca avere gasdotti che legano la Moldova alla Romania può voler dire avere altre tubature dove immettere le proprie risorse. Lo sviluppo di energie da fonti rinnovabili è la nuova frontiere, ma non risolverà i problemi energetici nell’immediato. Inoltre il governo di Chisinau deve estinguere i debiti contratti dalla regione della Transnistria con Gazprom. Circa 5 miliardi di dollari è quello che la Moldova deve restituire alla compagnia energetica russa. La Transnistria è considerata dai moldavi come regione del Paese, ma il territorio è indipendente de facto. Per Chisinau non saldare i conti e lasciare alla Transnistria ogni onere vuol dire abbandonare la causa. La Russia usa questo per fare pressioni affinché la Moldova rinunci a stringere legami troppo forti con l’Ue e, ancora meno, con la Nato.
La Transnistria, cassaforte degli interessi russi. La Transinistria è una striscia di territorio che corre lungo tutto il confine orientale della Moldova, separandola dall’Ucraina. Anche se formalmente parte della Moldova, la Transnistria è de facto indipendente. Ha una moneta e delle istituzioni proprie, ed è sotto la tutela della Russia, che tra l’Ue e l’Ucraina gode di uno stato satellite con cui garantirsi il controllo del territorio. La militarizzazione del territorio (circa 2.000 soldati russi) e una forte presenza russa (circa il 30% della popolazione della Transnistria à russa) rendono la regione “blindata”.
La Moldova e l’Ue. Un Paese schiacciato tra la necessità di rimanere ancorato alle solite certezze e cercare nuove alternative. La Moldova ha scelto l’Unione europea, ma la firma dell’accordo di associazione (2014) ha prodotto le ritorsioni russe, con la rimozione del regime di ‘tariffe zero’ per 19 prodotti moldavi venduti sul mercato russo. Per un Paese povero, un danno. La crisi ucraina è poi servita da monito: chi cerca di sottrarsi dalle dipendenze del Cremlino la paga cara. La Crimea è stata rivendicata e ripresa da Mosca dopo gli avvicinamenti dell’Ucraina all’Ue. Un caso. O forse no. Perorare troppo la causa a 12 stelle può diventare un rischio, che la nuova leadership moldava non sembra intenzionata a voler correre.