Bruxelles – Maggiore attenzione per la protezione di flora e fauna, azioni decise per la gestione delle acque di scarico, e poi ancora interventi sulla gestione dei rifiuti. Per non parlare della necessità di migliorare la qualità dell’aria che si respira nelle città. L’Italia non è un esempio ‘green’ per l’Europa, che invita il nostro Paese a fare di più e meglio. Un invito contenuto nell’analisi della Commissione europea sul rispetto e l’attuazione della legislazione comunitaria in materia ambientale, e ribadito in modo più incisivo dal commissario responsabile, Karmenu Vella. Una corretta attuazione delle leggi ambientali Ue garantirebbe “risparmi per 50 miliardi di euro l’anno”, senza contare quanto verrebbe risparmiato evitando le multe. “Il mancato rispetto delle normative comunitarie può portare a procedure d’infrazione”, ha ricordato Vella. A carico dell’Italia sono aperte attualmente 15 procedure su materie ambientali. C’è n’è una aperta sull’Ilva di Taranto, altre sulla gestione di acque di scarico. Contestazioni che rischiano di costare all’Italia milioni di euro. Per evitare l’avvio di nuove procedure, la Commissione indica la rotta da seguire per il Paese, mettendo in luce le carenze tricolori. Eccole di seguito, capitolo per capitolo.
Flora e fauna. Più del 50% delle specie protette di flora e fauna si trova in uno stato di conservazione “sfavorevole” (17%) e inadeguato (33,9%), ma questi valori potrebbero essere anche maggiori, considerando che c’è una parte di cui la Commissione ingnora lo stato reale di conservazione (8,9%). L’Italia perciò “deve completare il processo di designazione dei siti Natura 2000”, l’insieme dei siti di interesse comunitario (Sic), e delle zone di protezione speciale (Zps) creato dall’Ue per la protezione e la conservazione degli habitat e delle specie. Per le autorità italiane si tratta di “mettere in atto obiettivi di conservazione chiaramente definiti e le necessarie misure di conservazione”. Inoltre il Paese “ha bisogno” di sviluppare capacità per il completamento e l’attuazione dei piani di gestione e l’uso dei fondi europei disponibili al fine di attuare misure di preservazione della natura ben strutturate.
Ambiente marino. Per quanto riguarda la qualità delle acque di balneazione resta generalmente buona e anche migliore alla media europea (90,5% dell’acqua di mare con qualità ‘eccellente’, rispetto alla media Ue del 83%), la biodiversità unica della regione del Mar Mediterraneo è minacciata dall’inquinamento di origine terrestre, come gli scarichi di fertilizzanti in eccesso e di sostanze pericolose, i rifiuti marini, la pesca eccessiva e il degrado degli habitat critici. Ci sono ancora 95 siti di balneazione di scarsa qualità o non conformi, su cui si deve intervenire. L’Italia ha istituito un programma di monitoraggio delle acque marine nel 2014, ma i programmi di monitoraggio “necessitano di ulteriore perfezionamento e sviluppo per poter costituire un quadro adeguato” per monitorare i progressi compiuti, sottolinea la Commissione.
Gestione dell’acqua. L’Italia è un paese che presenta problematiche idriche. Carenze e rischio siccità sono tipici nelle regioni meridionali del Paese. L’amministrazione nazionale e regionale nel settore idrico può migliorare il coordinamento, utilizzando anche le autorità di bacino distrettuali. L’Italia deve anche avviare una politica tariffaria sull’acqua che si basi sulle linee guida nazionali adottate, includendo la misurazione, per garantire un uso più efficiente dell’acqua. Sono inoltre necessari maggiori investimenti nelle infrastrutture delle acque reflue. Bisogna poi intervenire sul fronte agricolo: la pressione dell’inquinamento creato dall’agricoltura sulle acque superficiali e sotterranee può essere ridotta facendo rispettare i requisiti vincolanti per gli agricoltori in modo da bilanciare l’uso dei fertilizzanti.
Gestione dei rifiuti. La situazione nel complesso migliora, ma rimane il divario Nord-Sud. L’Italia registra un costante aumento nel riciclaggio e compostaggio e una diminuzione del conferimento in discarica dei rifiuti urbani. I dati forniti dalla Commissione europea mostrano una performance nazionale leggermente migliore di quella comunitaria (quota di rifiuti riciclati al 45%, contro il 44% dell’Ue), ma il dato varia “considerevolmente” sul territorio nazionale con dati più positivi al Nord. L’esecutivo comunitario invita perciò al “miglioramento dell’efficacia della raccolta differenziata, per aumentare i tassi di riciclaggio nelle regioni meno virtuose”. L’Italia potrebbe introdurre un’imposta nazionale sulle discariche o armonizzare le sue imposte regionali per ridurre il conferimento in discarica. “È inoltre necessario” migliorare la cooperazione tra le Regioni per utilizzare la capacità di trattamento dei rifiuti in modo più efficiente.
Inquinamento atmosferico. In Italia ci sono “persistenti violazioni” del rispetto ai requisiti della qualità dell’aria per polveri sottili (le Pm10) e biossido di azoto (NO2). Per questo la Commissione ha procedure aperte, il cui scopo è predisporre misure adeguate per portare in tutte le zone una qualità dell’aria conforme. La causa principale è l’alto livello di motorizzazione nelle città metropolitane e di media dimensione in Italia, si limita a sottolineare la Commissione. Il suggerimento è implicito: va rivista la politica di mobilità urbana.
Rumore. La direttiva relativa al rumore ambientale prevede un approccio comune per scongiurare, prevenire e ridurre gli effetti dannosi dovuti all’esposizione al rumore ambientale. L’attuazione da parte dell’Italia della direttiva relativa al rumore ambientale risulta essere “significativamente in ritardo”.