di Maurizio Sgroi
Seguire le vicissitudini del mercato dell’acciaio è un ottimo viatico per farsi un’idea dell’andamento dell’economia reale, visto che l’acciaio è uno degli elementi chiave in molti processi produttivi strategici: pensate al settore delle costruzioni o a quello dei trasporti. Perciò vale la pena leggere l’ultimo rapporto di Eurofer, l’associazione europea dei produttori di acciaio, che ci fornisce alcune informazioni utili sia relative al 2016 che a quest’anno, sotto forma di previsioni.
Il primo dato interessante è che il consumo dell’acciaio in Europa è cresciuto del 3% nella prima metà del 2016, ed è rimasto stabile anche nel secondo, totalizzando una crescita del mercato su base annua pari all’1,8%, praticamente replicando l’andamento del PIL 2016 (+1,7), a dimostrazione (empirica) della congettura che il trend dell’acciaio sia un ottimo indicatore per valutare i tassi di crescita di un’economia. Una ragione in più per imparare ad osservarlo.
La seconda notizia è che nel terzo trimestre l’importazione di acciaio è aumentata del 10% rispetto allo stesso trimestre del 2015. Ciò ha provocato una contrazione delle vendita domestiche del 2%, sempre su base annua, e le rilevazioni più recenti parlano del calo di un ulteriore 5%. Capite bene perché il direttore generale dell’associazione Axel Eggert, notando la crescita dell’import, abbia lanciato un allarme: «Nel secondo semestre – ha sottolineato – l’import ha soddisfatto il 25% del mercato europeo».
Ed ecco che viene fuori il problema, che di recente ha creato notevoli frizioni con la Cina. «La nostra preoccupazione – ha aggiunto – è che la ripresa graduale della domanda di acciaio nell’UE sia danneggiata da pratiche commerciali scorrette». Capite da soli a chi faccia riferimento Eggert. «In mancanza di soluzioni strutturali per rimediare agli eccessi di capacità produttiva e ai sussidi statali, la sovrapproduzione persisterà e questo distorcerà gravemente il commercio di acciaio».
La conclusione è accorata: «Occorre che la Comunità europea implementi strategia di difesa commerciale contro il dumping nell’UE». Il rapporto osserva che «i maggiori esportatori verso l’UE nel 2016 sono stati la Cina, la Russia e la Corea del Sud», totalizzando insieme il 51% del totale dell’import dell’area. Ma in alcune produzioni specifiche la Cina arriva a quote che superano il 60% dell’import. Per questo i produttori europei chiedono protezione. Dovrebbero rivolgersi a Trump.
Pubblicato sul blog dell’autore il 3 febbraio 2016.