Bruxelles – Alternative all’Unione europea non ce ne sono, e di conseguenza “non esistono ‘exit’” né soluzioni facili ai problemi che pur si fanno sentire. L’idea di Parlamenti nazionali in grado di fare tutto e meglio è tanto suggestiva quanto semplicistica, e bisogna riconoscere che “la sovranità dell’Ue è non solo qualcosa da difendere, ma da proclamare”. Un messaggio che spesso i leader fanno fatica a trasmettere, inclusi quelli italiani. Matteo Renzi, in questo senso, sta giocando un gioco pericoloso inseguendo troppo chi l’Europa vuole metterla in discussione per abolirla. A sostenerlo l’economista Paolo Guerrieri Paleotti, docente di economia all’università ‘La Sapienza’ e membro della commissione Politiche dell’Unione europea del Senato, nell’intervista a Eunews in occasione della settimana parlamentare europea in corso a Bruxelles.
Questa settimana a Bruxelles si parla di Europa, ma se ne parla anche in Italia. Sbaglia Matteo Renzi a criticarla?
Di fronte a un’Europa con scarsa capacità di azione – perché vara poche leggi o si muove in ritardo – critiche volte a spingere l’Ue a fare quello che si ritiene serva non solo sono legittime, ma possono essere anche utili per migliorare il funzionamento europeo. Poi però bisogna spiegare che non c’è un’entità europea astratta che decide, ma un Consiglio europeo con dei leader dove negli ultimi anni sono state prese delle decisioni e allora si può criticare un modello decisionale. Se la critica non rende identificabile tutto questo, si confonde con la critica dei populisti, che sono contrari all’idea di Europa. In alcune uscite di Renzi ho l’impressione che questo confine sia stato reso poco chiaro o addirittura confuso, e questo è rischiosissimo.
Perchè?
In Italia si ragiona come se avessimo una ‘exit’, un’alternativa all’Ue, quando per l’Italia sarebbe disastrosa qualunque idea di uscita. Si dice che si può uscire dall’Euro senza dire che questo vorrebbe dire scaricarne il costo sulle prossime due-tre generazioni: è qualcosa che bisogna far capire ai cittadini.
C’è la settimana parlamentare europea. Cosa significa oggi Parlamento nazionale? Chi usa questa espressione ormai lo fa per intendere meno Europa…
La demagogia dei populisti sta nel sostenere che tutto può essere fatto a livello nazionale. Bisogna invece capire che ci sono ambiti in cui da soli è difficile farcela. Il livello locale di governance può e deve esserci, anche perché quello che si sta facendo strada è una governance a più livelli. Ci troviamo in una fase in cui viene messa da parte l’idea del centralismo…
Viene accantonata l’idea di federalismo europeo?
Direi che viene messa da parte l’idea di un’accelerazione del trasferimento di sovranità verso il centro.
Quindi i Parlamenti nazionali diventano sempre più centrali?
La divisione e la condivisione di competenze è salutare. Sono convinto che la sussidiarietà funzioni. Bisogna selezionare gli ambiti in cui la sovranità europea è difendibile.
I trattati già fanno una lista di competenze esclusive, concorrenti e nazionali. Vuole redistribuirle?
No. Si tratta di ridisegnare, a parità di trattati, l’efficienza e la sostenibilità della divisione del lavoro.
Il Ceta, il trattato di libero scambio con il Canada, ha dimostrato dei limiti nel funzionamento della macchina europea e, se vogliamo, dato modo a chi chiede un maggiore ruolo dei Parlamenti nazionali di vedere che i Parlamenti nazionali questi poteri che reclamano li hanno già…
In ambito commerciale ci si è sempre espressi con una sola voce, con un commissario responsabile che ha negoziato per tutti, e questo è stato un qualcosa di efficacie. Il mandato però riguardava solo lo scambio di merci e beni, quando tutto il campo dei servizi rientra nell’ambito di competenze concorrenti. Avremmo dovuto e abbiamo provato a estendere questa sovranità europea anche ai servizi, ma abbiamo fallito, e nel frattempo gli accordi commerciali si sono sempre più spostati su servizi e investimenti per i servizi, cioè sulla materia concorrente. Giustamente la Corte di giustizia europea ha stabilito che i Parlamenti nazionali devono essere consultati. Questo però è un disastro, perché rende più difficile se non impossibile raggiungere un accordo e pone l’Ue in una situazione negoziale più debole. E rischiamo di non poter offrire un’alternativa al modello di Trump.
Ai governi il compito di convincere i Parlamenti sul commercio?
No. Credo serva una soluzione alla questione di competenze su servizi e investimenti.