Bruxelles – Cani, gatti, papere e tacchini. E poi ancora trote, conigli e anatre. Che siano di compagnia o no, gli animali in Europa non mancano davvero. Quello che manca è una legislazione comunitaria per il loro benessere. Strano ma vero. “La maggior parte delle specie animale custodite dall’Ue non è coperta da leggi di welfare”, rivela una studio realizzato per conto della commissione Petizione del Parlamento europeo. Un esempio? Anche più di uno, in realtà. Perchè se è vero che il pollo è coperto da normative europee, “non c’è una specifica legge per il benessere animale per la custodia di trote, salmoni, conigli, anatre, tacchini, gatti, bestiame, pecore e cani”. Se detto così può non sembrare abbastanza, si pensi che quelli qui elencati sono, presi nell’ordine, gli animali più comuni e più diffusi nel territorio dell’Ue.
Cosa vuol dire una legislazione sull’animal welfare? Garantire condizioni “umane” a qualcosa come un miliardo di trote, 440 milioni di salmoni atlantici, 340 milioni di conigli, 170 milioni di anatre, 148 milioni di maiali e 88 milioni di bovini. Non una cosa da poco, dunque. Per di più va tenuto presente che il trattato di Lisbona – il testo che ha ridisegnato l’Ue – riconosce gli animali come esseri “senzienti”, dotati cioè di sensibilità. Questo presuppone diritti e tutele, nel caso del regno animale però incompleti. Un imperativo quasi costituzionale, oltre che etico.
C’è di più. Avere la certezza di un allevamento sostenibile del capo di bestiame è certamente indice di sensibilità, ma lo è ancor più per la salute. Sapere che l’animale ha subito maltrattamenti o un’alimentazione che potrebbe avere effetti indesiderati per l’organismo, sono sempre più motivi che guidano la scelta di chi compra. Non a caso, rileva lo studio, il benessere degli animali “è un aspetto importante della sostenibilità, e anche della qualità del prodotto, e può indurre i consumatori a rifiutare di acquistare prodotti” alimentari. Un esempio forse lampante in tal senso è rappresentato dal ‘foie gras’, che divide l’universo degli acquirenti tra quanti chiudono un occhio sulle modalità di realizzazione del prodotto in nome del suo gusto, e quanti invece boicottano l’acquisto della confezione per le sofferenze patite dall’animale (per la cronaca, il ‘fois gras’ o fegato grasso, si ottiene attraverso l’alimentazione forzata dell’anatra).
“Il potere del consumatore di determinare i metodi di produzione sta aumentando in tutto il mondo”, sottolinea lo studio. Di conseguenza c’è l’esigenza di dover rispondere a questa domanda. I mercati per prodotti sostenibili e ad elevato standard di benessere animale “possono essere sfruttati di più” rispetto a quanto già fatto. Se non per ragioni di cuore, quanto meno per ragioni di portafogli. Varare normative per il benessere animale, oltre a colmare lacune legislative, fa bene a tutti: agli animali, ai loro possessori, e anche all’economia dell’Ue.