di Marco Bersani
Sono 47 i miliardi di prestiti “tossici” che hanno affossato il Monte dei Paschi di Siena. Pensionati? Lavoratori col mutuo prima casa? Giovani imprenditori innovativi? Sfogliando l’album dei grandi debitori, nessuna di queste categorie, che di risorse avrebbero bisogno come del pane, compare.
Si scopre invece come a causare il dissesto di MPS sia stato il fior fiore dei poteri forti e relative consorterie, con ovvia trasversalità politica: imprenditori, costruttori, centrali delle cooperative, società partecipate toscane.
Dal fallimento di Sorgenia della famiglia De Benedetti (1,8 mld di debiti), su cui MPS si è incagliata per oltre 600 milioni tramutati in azioni (17%) della Nuova Sorgenia, all’immobiliarista Luigi Zunino e la sua società Risanamento (sic), con oltre 3 mld di debito con le banche; da Gianni Punzo, azionista di NTV ed ideatore dell’ interporto di Nola, la cui società finanziaria, in affanno, è riuscita a coinvolgere MPS, tramutando il prestito in azioni (7%) , alla BTP della Bartolomei-Fusi (sponsor Verdini), finita in diverse inchieste giudiziarie; dalla Fenice Holding, erede del fallimento del contractors delle grandi opere toscane, alla famiglia dei costruttori romani Mezzaroma, passando per il disastroso progetto immobiliare di Casalboccone a Roma (Ligresti) e la ristrutturazione del debito di Unieco (coop “rosse”). Tra i dossier immobiliari c’è anche il finanziamento di alcuni fondi andati in default, come un veicolo gestito da Cordea Savills, finanziato con eccessiva leva da MPS, che aveva in portafoglio gli ex-immobili del fondo dei pensionati Comit, nonché alcuni dei fondi di Est Capital, società finita in liquidazione che gestiva il progetto del Lido di Venezia.
E infine c’è il capitolo della partecipate pubbliche, rispetto alle quali MPS si è inguaiata fra titoli e pegni in Scarlino Energia, Fidi Toscana, Bonifiche di Arezzo, Aeroporto di Siena e Terme di Chianciano. Un bello spaccato di capitalismo finanziarizzato e speculativo e del relativo reticolo di interessi, poteri e scambi economico-politici.
L’elenco potrebbe continuare a lungo, ma ci fermiamo perché ciò che qui preme sottolineare è come tutto questo insieme di disastri finanziari sia stato abilmente scaricato ancora una volta sulle spalle dei cittadini, attraverso l’autorizzazione data al governo – e approvata in un solo giorno da Camera e Senato poco prima di Natale – a contrarre un maggiore debito fino a 20 miliardi per soccorrere le banche, a partire da Monte dei Paschi di Siena.
Un debito pubblico da anni utilizzato come alibi per tagliare diritti e salari, per privatizzare tutto il possibile, per imporre le politiche di austerità e i sacri vincoli monetaristi di derivazione europea, improvvisamente può essere aumentato per venire incontro ad un sistema bancario che per decenni ha fatto scorribande dentro l’economia, la finanza e la società.
«L’unica parte della cosiddetta ricchezza nazionale che entra realmente in possesso della collettività dei paesi moderni è il debito pubblico» scriveva un certo Marx esattamente 150 anni fa.
Impossibile dargli torto, vedendo come è stata costruita in quest’ultimo decennio la trappola del debito pubblico per consegnare ai grandi interessi finanziari tutto ciò che ci appartiene.
Ma se questo è vero, è possibile continuare a parlare di alternativa senza mettere al primo posto obiettivi sistemici come il non pagamento del debito illegittimo, la socializzazione del sistema finanziario (a partire da Cassa Depositi e Prestiti), la riappropriazione sociale dei beni comuni’ e l’incomprimibilità della spesa necessaria a garantire servizi adeguati e di qualità per tutti?
Pubblicato sul manifesto il 24 gennaio 2017.