di Keynes blog
Scrive oggi il Sole 24 Ore:
Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha chiarito che l’apertura di una procedura per debito eccessivo sarebbe negativa per l’economia italiana, perché provocherebbe sui mercati finanziari nuovi dubbi sulla solvibilità del paese. La presa di posizione giunge mentre sulla stampa nazionale rimbalzano voci secondo le quali una parte della maggioranza governativa vedrebbe di buon occhio questa eventualità, fosse solo per cavalcare un certo euroscetticismo della società italiana. «La procedura di infrazione sarebbe un grosso problema in termini di reputazione che in questo periodo recente (l’Italia, ndr) ha rafforzato e costruito. Una procedura di infrazione sarebbe quindi una inversione a U rispetto a quanto fatto».
Il ministro Padoan è persona prudente e quindi il suo atteggiamento era prevedibile. Né varrebbe in effetti la pena l’apertura di una procedura di infrazione per appena lo 0,2% di deficit, se non altro perché questa è proprio la multa che ci toccherebbe pagare se poi la procedura arrivasse alla sua conclusione. Ma questo, semmai, è un motivo in più per disubbidire a richieste assurde come quelle che ci vengono avanzate.
Mettiamo in fila un po’ di fatti:
1) Il governo italiano ha sempre aderito alle richieste di Bruxelles, ma gli va riconosciuto di aver ottenuto l’inserimento di un po’ di flessibilità nei criteri adottati da Bruxelles (non solo per noi, ma per tutti).
2) Nel frattempo, altri paesi non sono stati puniti per disavanzi di bilancio monstre. Tra questi la Spagna, che proprio oggi con un’intervista del premier Rajoy chiede più flessibilità, nonostante per il 2016 il deficit strutturale sia previsto (dati Ameco/Commissione UE) al 3,8% contro l’1,6% dell’Italia. E nonostante il deficit nominale spagnolo sia previsto al 4,6%, molto oltre i parametri di Maasstricht, mentre quello italiano sia ben sotto la soglia, al 2,4%.
3) Il governo italiano ha giustamente criticato i criteri di calcolo del deficit strutturale, non ottenendo però soddisfazione da Bruxelles, subendo così uno schiaffo politico significativo, nonostante la sua “fedeltà” all’Europa.
4) Bruxelles ci chiede l’aggiustamento proprio nel momento in cui il centro Italia è devastato dai terremoti e da altre catastrofi naturali. Il ministro ci scusi l’accento “populista”, ma mentre noi estraiamo i morti, a Bruxelles pensano a farci le pulci sullo 0,2%.
5) Infine c’è sempre il problema delle banche che il ministro conosce molto bene e che ci tiene ancora a rischio. Problema che non risolveremo semplicemente facendo i buoni con Bruxelles.
Il ministro ci dice che non dobbiamo perdere la reputazione guadagnata presso i mercati perché altrimenti aumenterebbe il costo dell’indebitamento. Che però sta già aumentando, a segnalare che i mercati stanno tornando a prendere le misure al paese più debole tra i grandi dell’eurozona. E non rafforzeremo il nostro sistema bancario se ubbidiremo a Bruxelles.
Che fare quindi? La politica è divisa tra due estremismi: quello di chi è disposto a morire per l’Unione europea e chi vorrebbe distruggere l’Unione europea e uscire dall’euro, con tutte le conseguenze nefaste che ciò comporterebbe. Ma la prima posizione rischia di far vincere la seconda alle prossime elezioni.
Nel frattempo l’Europa gioca col fuoco. Le elezioni sono divenute una roulette russa: ogni volta che i popoli europei sono chiamati al voto c’è la possibilità che il proiettile uccida l’Europa. Un colpo di striscio è già partito con il voto britannico sul Brexit. Per ora l’UE si è salvata anche nel rischiosissimo voto austriaco, ma sarebbe illusorio pensare di continuare a premere il grilletto senza che parta mai un colpo.
Chi crede che sfasciare tutto sarebbe l’esito più nefasto sia per l’Italia che per l’Europa, dovrebbe però porsi il problema di come salvare l’Europa da se stessa, anche disubbidendo, intelligentemente e costruttivamente, a richieste infondate come quelle che ci vengono avanzate, richieste che appaiono agli elettori, a ragione, degli accanimenti ingiustificati di una classe politica europea rinchiusa in una torre d’avorio. Non c’è solo la reputazione presso i mercati. Perdere la reputazione presso gli elettori porterebbe a disastri ben più grandi.
Pubblicato su Keynes blog il 27 gennaio 2017.