Bruxelles – Qualche passo in avanti da quando nel 2012 è entrata in vigore la nuova legge anticorruzione, l’Italia l’ha fatto. Tuttavia, l’ultimo rapporto sulla corruzione nel mondo elaborato da Transparency International descrive il nostro Paese come ancora distante dai livelli di sufficienza stabiliti dal Corruption Perceptions Index, che misura la percezione della corruzione nel settore pubblico in 176 Paesi di tutto il mondo. L’Italia dal 2012 ha scalato 12 posizioni, passando dal 72esimo al 60esimo posto nel 2016, mentre nel 2015 era al 61esimo.
Su una scala da 0 (molto corrotto) a 100 (per nulla corrotto), il 69% dei 176 Paesi analizzati non ha raggiunto la sufficienza, registrando numeri al di sotto di 50. L’Italia ottiene in questa classifica 47 punti su 100, rientrando nei due terzi dei Paesi che mostrano livelli preoccupanti e non accettabili di corruzione nel settore pubblico.
Ancora distante dalle virtuose Danimarca e Nuova Zelanda, che guidano la classifica con 90 punti, e dalla Finlandia, terza con 89, l’Italia è comunque lontana anche dai Paesi più corrotti che occupano le ultime posizioni: la Somalia all’ultimo posto con 10 punti, preceduta da Sud Sudan (11) e Corea del Nord (12). A livello di Unione europea, tuttavia, solo la Grecia, al 69esimo posto con 44 punti, e la Bulgaria, fanalino di coda dell’Ue con i 41 punti che gli valgono il 75esimo posto, fanno peggio di noi.
Cosa si nasconde dietro ai numeri che ogni anno vengono raccolti in questa classifica mondiale dei paesi più virtuosi dal punto di vista della trasparenza e della lotta alla corruzione? Secondo l’organizzazione internazionale autrice del rapporto, “I risultati di quest’anno mettono in evidenza la connessione tra corruzione e disuguaglianza, che si alimentano l’un l’altra creando un circolo vizioso tra corruzione, disuguaglianze e distribuzione non omogenea del potere nella società nonché della ricchezza”, si legge nel rapporto, un mix tra corruzione e diseguaglianze “che alimenta i populismi” del nostro tempo.