Roma – Saranno la Camera dei Comuni e la Camera dei Lord a decidere sull’attivazione dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona per procedere alla Brexit, l’uscita del Regno unito dall’Unione europea voluta dai cittadini britannici con il referendum dello scorso 23 giugno. A stabilirlo è stata la Corte suprema della Gran Bretagna, con una sentenza che boccia la posizione del governo di Theresa May, che riteneva prerogativa propria la decisione di presentare la richiesta di divorzio dall’Ue. La decisione della Corte non dovtebbe allungare i tempi per l’attivazione dell’articolo 50, annunciata dalla stessa premier per la fine di marzo.
L’esecutivo ha infatti già annunciato in una nota che “il popolo britannico ha votato per lasciare l’Ue e che il governo si atterrà al suo verdetto, mettendo in moto l’articolo 50, come previsto, entro la fine di marzo. La decisione odierna non cambia tutto questo”.
Prima dell’esecutivo, l’attorney general Jeremy Wright – una sorta di avvocato dello Stato che ha rappresentato Downing Street davanti alla Corte – si era detto “deluso” dalla sentenza della Corte suprema. Adesso, faceva notare, la questione diventa “politica, non più legale”. È in Parlamento, infatti, che si dovrà costituire la maggioranza necessaria ad approvare l’attivazione dell’articolo 50 per l’uscita dall’Ue, con una legge che il governo presenterà “a breve” per garantire il rispetto della scadenza indicata da May, come ha annunciato il ministro per la Brexit David Davis alla Camera dei Comuni, indicando che “sarà la più inequivocabile misura possibile per rendere effettiva la decisione del popolo e rispettare il giudizio della Corte suprema”.
L’ipotesi che l’esito referendario venga ribaltato rimane dunque molto remota. Anzi, risulta praticamente impossibile visto l’annuncio del leader labourista Jeremy Corbyn, il quale ha già annunciato attraverso il suo portavoce che “il Labour rispetta il risultato del referendum e la volontà del popolo britannico”, quindi “non bloccherà l’attivazione dell’articolo 50”.
Rimane chiusa anche la strada di una bocciatura della Brexit da parte dei Parlamenti statali, dal momento che, nella sentenza, i supremi giudici hanno bocciato i ricorsi presentati da Irlanda del Nord, Scozia e Galles, che rivendicavano il diritto di esprimere un voto. Secondo la Corte non è necessario l’assenso delle Assemblee parlamentari nordirlandese, scozzese e gallese per decidere l’attivazione dell’articolo 50.
Se la sentenza non cambierà le sorti e i tempi della Brexit, potrebbe però porre dei paletti al lavoro del governo. Infatti, i labouristi hanno intenzione di chiedere che nel provvedimento del Parlamento sulla richiesta di divorzio dall’Ue venga inserito “un emendamento per impedire ai conservatori di utilizzare la Brexit per trasformare la Gran Bretagna in un paradiso fiscale al largo delle coste europee”, ha dichiarato il portavoce di Corbyn.