Bruxelles – “Sottrarre a una coppia un bambino nato dalla maternità surrogata, che non ha legami biologici con i due partner, non è contrario alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo”. Lo ha scritto nero su bianco la Corte europea dei diritti dell’Uomo (Cedu) nella sentenza della Grande Camera (organismo interno alla Cedu che affronta casi complessi) sul caso Paradiso-Campanelli contro lo Stato italiano, con 11 voti favorevoli e 6 contrari.
I due coniugi si erano rivolti alla Corte di Strasburgo (che non è un organismo dell’Ue, bensì del Consiglio d’Europa) dopo aver cercato di far registrare all’anagrafe italiana, come proprio figlio, un bambino di nove mesi nato il 27 febbraio del 2011 a Mosca, in Russia, e concepito con il metodo del cosiddetto “utero in affitto”.
Dopo anni di tentativi di avere un bambino, nel 2006 i due coniugi Paradiso e Campanelli avevano ottenuto l’autorizzazione all’adozione. Dopo aver aspettato invano di poter diventare genitori, nel 2011 avevano deciso di ricorrere alla tecnica della riproduzione assistita e poi a quella della maternità surrogata, in Russia.
La signora Paradiso, scrive la Corte, “sostiene di aver consegnato il liquido seminale del marito in una clinica” e di essersi poi rivolta insieme con il marito all’agenzia russa Rosjurconsulting per una gravidanza surrogata.
Una volta tornati in Italia con il bambino, che in Russia era considerato loro figlio, il Comune di residenza ha negato loro la registrazione all’anagrafe. Il piccolo è poi stato sottratto alla coppia e dato in affidamento. Un esame del Dna avrebbe confermato l’inesistenza del legame biologico tra il piccolo e il signor Campanelli, benché la coppia sostenesse di aver fornito il suo seme alla clinica russa.
Per la Corte non solo lo Stato italiano ha fatto bene a sottrarre il bambino alla coppia, affidandolo ai servizi sociali, ma tale atto non è neppure contrario all’articolo 8 della Convenzione che tutela “il rispetto della vita privata e familiare” e vieta “l’ingerenza dell’autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto”, con alcune eccezioni.
Ribaltando la sentenza del 2015 della Camera (organismo interno alla Cedu che si occupa dei casi ordinari), in cui invece si attestava da parte dello Stato italiano una violazione dell’articolo 8, con la sentenza odierna la Corte di Strasburgo ha stabilito, al contrario, che l’articolo 8 non viene violato, in quanto “non esiste rapporto di familiarità tra la coppia e il bambino”, si legge nella sentenza.
La Grande Camera della Corte sottolinea “l’assenza di qualsiasi legame biologico tra il bimbo e i ricorrenti e la breve durata della loro relazione con il bambino”, legittimando quindi l’azione delle autorità italiane “nella loro volontà di riaffermare la competenza esclusiva dello Stato nel riconoscere una relazione legale genitore-figlio, e questo solo nel caso di un legame biologico o un’adozione legale nell’intento di proteggere il minore”.