Bruxelles – La sentenza della Suprema corte britannica che ha deciso l’intervento del Parlamento nel processo di attivazione dell’articolo 50 “non è una vittoria per me, ma per la nostra Costituzione”. A dirlo è la donna d’affari che ha messo in moto il primo ricorso di un gruppo di cittadini presentato alla Corte per chiedere l’intervento del parlamento sul caso Brexit: Gina Miller.
Non un ricorso contro la Brexit, ma per il rispetto delle regole. Davanti al palazzo del supremo organo giudiziario britannico, Miller ha spiegato che “con la sentenza di oggi i parlamentari eletti dai cittadini hanno l’opportunità di aiutare il governo con le loro competenze per portare avanti i prossimi negoziati con l’Unione europea”. Agli occhi di Miller si tratta di “una sentenza che riguarda il procedimento giudiziario e non la politica e che crea le certezze legali affinché il governo possa invocare l’Art. 50” per l’uscita del Paese dall’Unione. Tra i sostenitori del Leave invece, nonostante le rassicurazioni giunte dal governo, crescono le preoccupazioni che la decisione di oggi possa ritardare il processo di allontanamento da Bruxelles.
Arron Banks, volto noto della campagna del Leave commentando la decisione giudiziaria ha detto che “la sentenza di oggi dà la possibilità alla classe politica che non ha il contatto con la realtà di attenuare o ritardare una chiara Brexit, un processo su cui i britannici hanno già deciso con il voto” del referendum del 23 giugno scorso.
Dal governo giungono rassicurazioni sui tempi della Brexit. Il ministro degli Esteri britannico, Boris Johnson, ha scritto in un tweet che “Adesso il Parlamento deve realizzare la volontà del popolo”, assicurando che “attiveremo l’Art.50 entro la fine di marzo. Andiamo avanti”.
Il governo di Teresa May voleva evitare questo passaggio, mentre la Corte suprema ha confermato che è necessario il voto della camera dei Comuni e di quella dei Lord per attivare il procedimento. Per il segretario di Stato britannico per la giustizia, Liz Truss, “la nostra indipendenza giudiziaria è alla base dello Stato di diritto”, ricordando che “è chiaro che il governo rispetterà la decisione della Corte”.
In attesa che il ministro per la Brexit David Davis presenti nelle prossime ore una proposta di legge al vaglio del Parlamento per l’approvazione dell’articolo 50, arrivano le prime reazioni delle parti politiche che dovranno discutere il testo in aula.
“Penso che il governo debba pubblicare un libro bianco sul suo programma, in modo da dar voce ai miei elettori”, ha suggerito il deputato dei conservatori Ben Howlett. Mentre dalle opposizioni si annunciano emendamenti per restringere le azioni del governo nelle trattative con l’Unione. Matthew Pennycook, parlamentare del Labour, sul suo profilo Twitter ha annunciato che il suo partito “ha intenzione di presentare emendamenti all’Art.50 per aumentare significativamente l’incidenza del Parlamento nel processo della Brexit”. In altri post sulla sua pagina il deputato di sinistra annuncia le richieste che verranno fatte al governo di Theresa May.
Per Pennycook è necessario che prima che i negoziati con l’Unione abbiano inizio “il governo presenti un piano per la Brexit, illustrando una serie di principi che guideranno le trattative e assicurando l’accesso senza barriere al mercato unico”, ma anche “regole certe per definire lo status dei cittadini europei nel Regno Unito”. Inoltre il Labour chiede attraverso i tweet di Pennycook che “sui negoziati ci sia uno scrutinio da parte del Parlamento e un voto delle due Camere prima che il governo firmi l’accordo finale con l’Unione”.