Nelle istituzioni europee si sta aprendo, anzi si è già aperta, una fase nuova. Per lo meno un tentativo di fase nuova. La spinta è venuta dai socialdemocratici e il portabandiera è Gianni Pittella, che si batte contro il tentativo di Martin Schulz di mantenere il controllo di gruppo e partito europeo sulla base di una politica che al Pse ha portato solo sconfitte.
La “fine della Grande coalizione” e comunque l’affermazione di un maggior ruolo per i socialisti sostenuta da Pittella era un passo necessario, anche se decisamente tardivo. Negli ultimi anni i socialisti europei hanno preso una serie di sonori schiaffi da parte dei popolari, molto più uniti, determinati e abili nelle trattative. E con dei veri leader. Tutte caratteristiche che mancano ai socialdemocratici.
Le ultime evoluzioni sono iniziate con l’idea del candidato unitario dei partiti europei per la presidenza della Commissione Ue: tra partiti maggiori ci si accordò preventivamente perché il posto lo prendesse il leader del partito più votato, e così andò a Jean-Claude Juncker, popolare, il cui partito pur subendo un significativo crollo elettorale restò il più votato in Europa. Secondo partito più votato fu il Pse, che però contenne notevolmente le perdite. Solo che ai socialisti mancava un leader: non lo era il presidente francese François Hollande, non lo era Matteo Renzi, non lo era nessun altro. Dunque la partita delle nomine nelle istituzioni Ue fu guidata dai popolari, che offrirono due nomi di socialisti da loro scelti per la nomina a presidente del Consiglio europeo. I socialisti non capirono l’importanza della cosa, non furono in grado di affrontare la questione, ognuno ragionava per sé, e alla fine si rifiutò il posto, preferendo quello di Alto rappresentante per la Politica Estera. Due anni e mezzo dopo è venuto fuori l’altro problema, quello di aver firmato un impegno, sotto la spinta di Martin Schulz ad avere la presidenza del Parlamento europeo per la prima metà della legislatura per poi cederla a un popolare. Schulz negoziò molto bene per sé stesso, e il partito anche qui non fu in grado di proporre una strategia e si accontentò di quella poltrona. Salvo trovarsi poi con un impegno scritto che consegnava, di nuovo, tutti i vertici dell’Unione al Ppe. Dunque l’impegno è stato stracciato e Gianni Pittella è stato candidato ad un posto cui il Pse, nel 2014, aveva consapevolmente rinunciato. Ed ha perso.
Il leader parlamentare del Pse ora tenta una manovra, benché tardiva, ma giusta per riprendere lo spazio che al Pse spetta in quanto uno dei grandi partiti europei, che esprime molti primi ministri ed è elettoralmente comparabile con il Ppe.
Al Pse però manca un leader. I popolari hanno Joseph Daul come presidente del partito, una vecchia volpe del parlamento europeo, con una solidissima esperienza e un Paese come la Francia dietro. Poi hanno Angela Merkel, lo stesso Juncker, e una ricca serie di politici e amministratori di primo livello. Il Pse ha un presidente che nel curriculum ha quattro anni come premier bulgaro. E’ un nome assolutamente sconosciuto in Europa: Sergei Stanishev. Non dice niente a nessuno. Il Pse non ha primi ministri di peso. Hollande (che è un presidente) non lo ha, Matteo Renzi ha tentato di accedere a questo ruolo, ma, pur portando il Pd nel Pse, capì tardi l’esigenza per il Pse di trovarsi un vero leader (che avrebbe potuto essere lui), e commise un errore fatale nel rifiutare la posizione di presidente del Consiglio per Enrico Letta, e comunque ora è fuori dai giochi.
In questo deserto Martin Schulz ha giocato la sua partita, tutta personale, come meglio ha voluto, ha fatto qualunque compromesso pur di farsi confermare in vetta al Parlamento europeo, ha tenuto poi tutto il partito in sospeso in attesa delle sue decisioni sul suo proprio futuro.
Gianni Piettella, a quanto pare si è stufato di questa situazione ed ha deciso di farsi leader lui, ha giocato la partita della presidenza del Parlamento sapendo benissimo che le possibilità di vittoria erano poche, forse nessuna, ma sapeva che la manovra gli avrebbe permesso di emergere come leader appunto. In questi giorni lo è, bisogna vedere se riuscirà a tenere il ruolo in futuro, ma il deserto politico che ha attorno (tranne l’abile Schulz che però gioca solo in proprio diciamo) richiede che qualcuno si assuma qualche responsabilità e indichi una strada nuova per il suo partito.
La strada scelta è del tutto nuova ma è forse necessaria non solo al Pse per tentare di avere un ruolo maggiore, ma anche all’Unione europea per andare avanti e per ritrovare un consenso da parte dei cittadini che sta scemando. Quello a cui punta Pittella è far uscire in primo luogo il Parlamento europeo, ma di riflesso anche l’Unione, dall’immagine di una “melma” di compromessi tra i partiti maggiori e di offrire ai cittadini un’alternativa più evidente. Certo in Europa non è come nei Paesi membri, i compromessi sono nella natura di un’Unione a 28 nella quale i governi rappresentano sempre almeno tre o quattro famiglie politiche che però devono tendere ad un obiettivo comune.
Però ricostruire un nerbo ad un partito che comunque raccoglie circa 35 milioni di voti è un tentativo da compiere.