Bruxelles – Gianni Pittella il giorno dopo la vittoria dell’altro italiano nella corsa allo scranno di Strasburgo vuole voltare pagina e ricominciare dalla sua personale vittoria: la fine della grande coalizione, “che è non ricostruibile nemmeno con un gioco di prestigio”, ha spiegato.
Chiuso il capitolo delle elezioni in cui per Pittella “ha vinto la democrazia”, è iniziata “una nuova fase politica in cui la grande coalizione è finita e noi non abbiamo più vincoli di coalizione”. Il leader dei Socialisti al Parlamento europeo ha spiegato che questo “non implica la sfiducia nei confronti della Commissione europea”, a guida popolare, ma che “non siamo più chiusi in una fortezza in cui se non sei d’accordo stai fuori”.
Nonostante l’obiettivo della fine del filo diretto tra popolari e socialisti, Pittella resta comunque il candidato perdente. “Esco sconfitto dai numeri”, ha ammesso, “ma rafforzato dalla rinnovata unità del mio gruppo nella chiara volontà di opporci ed essere alternativa alle destre in questo Parlamento e in Europa, senza perdere di vista la nostra stella polare del cambiamento nell’Unione europea”.
A sinistra nasce cosí una nuova coalizione dall’unione di Socialisti, Verdi e Gue, che lo hanno appoggiato: “un’alternativa politica al triplice asse del blocco di destra”, spiega Pittella, che tuttavia è pronta “a collaborare sui singoli dossier se c’è una convergenza”. Ritornare alla sinistra non significa isolarsi in se stessi, ha spiegato: “il nostro gruppo non avrà un atteggiamento aventinista”.
Il giorno dopo il voto, Pittella descrive un nuovo Parlamento diviso in due tra un blocco progressista, contrario alle politiche dell’austerità, e uno conservatore, quello uscito dal voto di Tajani, in cui sono confluiti i partiti di Weber, Kamall e Verhofstadt.
“Epp, Alde e Ecr non hanno la maggioranza per deliberare”, ha avvertito Pittella ricordando che il fronte di destra è meno unito di quello che sembra. “Chi ha votato Tajani è pieno di contraddizioni, ma c’è un punto che li unisce tutti, quello da cui noi siamo più lontani: la visione dell’economia basata sull’austerità, sul rigorismo cieco e sordo e sul liberismo”.
Secondo Pittella, Alde, Ecr e Ppe sono divisi su tutto il resto: “voglio capire come cultura liberarle si concilia con l’idea del bavaglio dell’informazione”, aggiungendo di voler “vedere come si metteranno d’accordo Verhofstadt e Weber con i polacchi di Kaczyński sul rispetto dei diritti”.
Tra progressisti e conservatori, due entità oggi più definite nella nuova aula di Strasburgo che immagina Pittella, si collocano i liberali che storicamente rappresentano la terza forza politica, ma che questa volta si sono schierati dalla parte dei popolari, nonostante anche i socialisti avessero aperto al dialogo con l’Alde. L’atteggiamento di Guy Verhofstadt è “francamente incredibile che a me dispiace e rattrista”, ha ammesso Pittella, il quale non è il solo ad avere perplessità. Anche nel suo gruppo in molti hanno espresso “forti dubbi sulla sua affidabilità politica” ha detto Pittella, “e forte sconcerto rispetto alle piroette di Verhofstadt da Grillo a Berlusconi”, riferendo all’avvicinamento dell’ex premier belga per il mancato accordo tra con il M5S e alla virata a destra fatta dal gruppo liberale con l’appoggio a Tajani presidente.