Bruxelles – Le agevolazioni sull’elettricità alle imprese energivore possono essere limitate al solo settore manifatturiero. La causa (sentenza C-189/15) ha ad oggetto le agevolazioni sul consumo di elettricità da parte delle imprese “a forte consumo di energia” (definite dalla normativa comunitaria “energivore”).
Il d.lgs. n. 26/2007 attua nell’ordinamento nazionale italiano la direttiva 2003/96/CE che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità.
Il Decreto del Ministro dello sviluppo economico del 24 luglio 2013, attuativo del decreto legge 83/2012, ha demandato all’Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas e il Settore Idrico (Aeeg) di ridefinire i corrispettivi a copertura degli oneri generali di sistema, limitando l’erogazione di tali benefici alle sole imprese energivore del settore manifatturiero (pertanto, la possibilità di accedere ai benefici è stata preclusa alle imprese operanti in settori diversi, come quello dei servizi sanitari).
Il Consiglio di Stato ha chiesto, in via pregiudiziale, alla Corte Ue se i benefici in questione abbiano natura fiscale e se l’ordinamento comunitario e la direttiva 2003/96/CEE ammettano una disciplina nazionale la quale, per un verso, introduce un sistema di agevolazioni sul consumo di elettricità da parte delle imprese “a forte consumo di energia” e, per altro verso, destina tali agevolazioni in favore soltanto di alcune imprese, escludendone altre.
Con la sentenza odierna, la Corte stabilisce, innanzitutto, che gli importi dovuti dalle imprese per coprire i costi generali del sistema elettrico possono avere natura di imposte indirette, se al giudice nazionale è dato constatare che i soggetti utilizzatori dei servizi della rete elettrica hanno un obbligo, coercibile da parte della pubblica Autorità, di effettuare i relativi pagamenti alla Cassa conguaglio per il settore elettrico.
Pertanto, la riduzione di tali importi avrebbe natura di agevolazione (sgravio) fiscale.
Confermerebbe la natura fiscale dell’obbligo (e della connessa agevolazione) il fatto che le somme raccolte siano destinate a finanziare non solo (e non necessariamente) i costi di produzione e distribuzione dell’elettricità ma anche i costi legati a obiettivi d’interesse generale (es. promozione delle energie rinnovabili, efficienza energetica, sicurezza nucleare ecc…). Per contro, non impediscono di ravvisare la natura fiscale dell’obbligo (e della connessa agevolazione) né il fatto che i costi generali si riverberino, in ultima analisi, sulla bolletta dell’utente finale (d’altronde anche la più tipica delle imposte indirette – l’IVA – si ripercuote sul consumatore finale), né il fatto che le somme raccolte non passino per il bilancio dello Stato per finanziare voci della spesa pubblica ma siano distribuite da un fondo di compensazione per riequilibrare i costi sostenuti da soggetti, anche privati, in relazione a progetti specifici indicati dalla legge (es: smantellamento di centrali nucleari, produzione di energia con fonti rinnovabili, ecc…).
Il fatto che solo alcune imprese (manifatturiere), a differenza di altre (servizi sanitari), siano beneficiarie della riduzione fiscale in parola non è contrario alla direttiva 2003/96, che consente agli Stati membri di riconoscere gli incentivi solo ad alcune imprese energivore, a seconda del loro settore, concretamente individuato. La Corte, tuttavia, fa salva la possibilità di verificare se una siffatta normativa nazionale « selettiva » costituisca un aiuto di Stato. Ma questa è un’altra questione, della quale la Corte non è al momento stata investita.