Bruxelles – Non alza la voce ma alza i toni la premier britannica Theresa May nell’atteso discorso a Lancaster House sul suo programma per la Brexit. Non dice nulla di nuovo, ripete lo stop all’immigrazione dall’Unione europea, promette una Gran Bretagna più forte che mai, minaccia chi in Europa pensa ad una accordo che lei definisce “punitivo”, ma in sostanza non chiarisce nulla e mostra, di fatto la grande incertezza in cui versa il governo di sua Maestà. Sul Mercato Unico ha ceduto la premier, ha capito che l’Unione europea non cederà sulla necessità di rispettare i quattro pilastri (libertà di movimento delle persone, dei capitali, dei servizi , delle merci) e dunque la Gran Bretagna ne uscirà e lavorerà ad un Accordo di libero scambio.
Chiaro è che il cammino è quello, sarà Brexit, ma cosa esattamente ci sarà dentro non lo dice, quali sono le prospettive del Paese non lo chiarisce. Sarà una grande nazione “commerciale”, ha ribadito la premier, e dunque pur scegliendo di stare fuori dal mercato Unico vuol negoziare un Accordo di libero scambio con l’Ue, ma sarà anche fuori dall’Unione doganale, “vogliamo stabilire noi le tariffe” per le merci.
La volontà è di restare “un buon vicino”, dell’Unione, “con la quale condividiamo valori”, e “che non vogliamo vedersi disgregare, non è nel nostro interesse”, dice May, e la collaborazione continuerà anche nella “lotta alla criminalità, nell’antiterrorismo perché la minaccia è comune, nella ricerca tecnologica e scientifica”. Però minaccia che se “qualcuno pensa a fare un accordo punitivo noi potremmo cambiare il nostro modello economico e creare problemi alle aziende dell’Unione”. La minaccia è quella di lavorare a diventare un vero paradiso fiscale. Comunque, ha affermato che “è meglio nessun accordo che un cattivo accordo”.
Il parlamento britannico “tutte e due le Camere”, ha precisato, voterà sull’accordo finale, ma quando una giornalista le chiede cosa succederà se voterà “no” la premer svicola, rispondendo che “il parlamento rispetterà la volontà dei cittadini”, che però si sono espressi solo sul lasciare l’Unione, non sui modi, sul negoziato. La sensazione è che May pensi in qualche modo a depotenziare il voto del parlamento sui contenuti, cercando di obbligare deputati e lord a un rispetto di una volontà generale espressa su un principio, ma non sul prezzo che si dovrà pagare (o al guadagno che se ne farà, nella sua ottica).
In generale, ha detto chiaramente la premier, alla Gran Bretagna non giova stare in consessi internazionali. “Il fatto che le istituzioni sovranazionali abbiano più potere di quelle nazionali, e questo è il casi dell’Unione europea, non va bene per la nostra politica e il nostro stile di vita”, ha spiegato.
Il negoziato, ha insistito ribadendo una posizione che ha già dato adito a molte polemiche, sarà praticamente segreto. “Faremo sapere solo quello che è nell’interesse nazionale”, ha spiegato, non dicendo dunque se sarà la verità, specificando che “i dettagli non saranno resi pubblici, il nostro interesse non è avere tutoli sui giornali, ma condurre con disciplina un negoziato cruciale per il Paese”.
Sarà però un negoziato difficile anche per i rapporti “speciali” che Londra ha con l’Irlanda. “Ci resta un confine terrestre con l’Unione europea”, ha detto riferendosi all’Irlanda e promettendo che la tradizionale amicizia e l’antico scambio con gli “amici” irlandesi resterà e dunque “troveremo certamente un accordo” per mantenere aperta quella frontiera. Il problema che May non dice è che Dublino pur non essendo dentro Schengen resterà un Paese dell’Unione, e le sue frontiere sono una frontiera esterna dell’Ue verso un Paese terzo e dunque un accordo andrà trovato con l’Unione e non solo con l’Irlanda.
May ha detto che bisognerà accelerare sull’accordo per lo status dei britannici che sono in Ue e per i cittadini dell’Ue che sono in Gran Bretagna, “dobbiamo risolvere al più presto, perché è la cosa giusta da fare”. Ma in generale, dopo la Brexit, sarà dura la vita per chi dal Continente vorrà andare nell’isola nel Mare del Nord. “Siamo tradizionalmente aperti e tolleranti, ma il messaggio che arriva dai cittadini è che dobbiamo controllare quanti arrivano. Stiamo studiando regole per questo, per accogliere i migliori, i più brillanti. L’immigrazione dovrà servire i nostri interessi nazionali”, ha spiegato.