Bruxelles – Servono 3,4 miliardi da trovare in fretta. Finita la “tregua referendum”, come ampiamente attesto la Commissione europea presenta il conto all’Italia. Meno salato di quello che sarebbe potuto essere, ma tuttavia problematico.
Una lettera del commissario agli Affari economici Pierre Moscovici, secondo quanto scrive Repubblica, sarebbe arrivata la scorsa settimana a Roma, minacciando l’apertura di una procedura di infrazione se non si farà una manovra correttiva che vale lo 0,2 per cento del Prodotto interno lordo. Secondo l’ex premier Mario Monti, “che ci fosse un dialogo più intenso credo fosse inevitabile, ma ancora non sappiamo come va a finire”, ha detto intervenendo a Rainews24.
Sarà difficile che l’esecutivo riesca a evitare le correzioni richieste al bilancio per il 2017. La trattativa per scongiurare la procedura di infrazione, già intavolata tra Roma e Bruxelles e confermata da fonti del ministero di Via XX Settembre, risente delle pressioni non solo dei cosiddetti falchi dell’austerità all’interno della Commissione, ma anche del giudizio che l’Eurogruppo dovrà esprimere sulla valutazione del budget italiano da parte dell’esecutivo comunitario.
La Commissione aveva evitato una bocciatura a novembre, per non influire sull’esito del referendum costituzionale nell’imminenza del voto, ma a breve dovrà pronunciarsi e non può essere troppo morbida con Roma per evitare di essere contraddetta dai ministri delle Finanze della Zona euro, che già all’indomani della crisi di governo in Italia avevano indicato la necessità di un correttivo alla Legge di bilancio.
Correzione che sarà inferiore ai circa 5 miliardi cui Bruxelles aveva accennato nel parere di novembre, e che garantirà al nostro Paese di beneficiare comunque di 7 miliardi di flessibilità assicurati per la gestione dei migranti e l’emergenza terremoto, che si sommano ai 19 miliardi ottenuti nel biennio 2015-2016. Sulle preoccupazioni dell’Ue per il debito italiano non influisce l’attivazione del fondo salva banche da 20 miliardi di euro, che ha il benestare della Commissione perché considerata una misura una tantum e quindi non strutturale.