Bruxelles – La sanzione penale è una, e non può essere imposta due volte alla stessa persona per lo stesso reato, anche in materia fiscale.
Diversi Tribunali penali italiani (Tribunale di Santa Maria Capua Vetere e Tribunale di Bergamo) si trovano a giudicare alcune ipotesi di reato di omesso versamento dell’IVA (art. 10 ter D.lgs. 74/2000). Gli imputati (o indagati) sono però già stati “condannati” in via definitiva dall’Agenzia delle Entrate a pagare, per gli stessi fatti, una sanzione pecuniaria. Di qui il dubbio, sottoposto alla Corte di giustizia dell’Unione europea in via pregiudiziale, che tale sistema di “doppia sanzione” (amministrativa e penale) contrasti con il principio del “ne bis in idem”, secondo cui non si può essere condannati due volte per lo stesso reato.
Oggi, l’Avvocato generale della Corte di Giustizia dell’Ue Campos Sànchez-Bordona, analizzando la giurisprudenza sia della Corte di giustizia sia della Corte europea dei Diritti dell’Uomo, ha concluso nel senso che il suddetto principio non sia invocabile nelle cause C 217/15 e C 350/15. Sia nell’una che nell’altra, infatti, la sanzione tributaria è stata imposta a due persone giuridiche in forma di società (la Servizi Ambiente e Commercio s.r.l., nel primo caso, e la Evoluzione Maglia s.r.l., nel secondo), mentre i procedimenti penali sono stati promossi nei confronti dei rispettivi rappresentanti legali.
L’Avvocato generale richiama la pregressa giurisprudenza della Corte Ue, secondo cui il principio del “ne bis in idem” non impedisce ad uno Stato membro di prevedere, per le medesime violazioni di obblighi dichiarativi in materia di IVA, una sanzione tributaria e successivamente una sanzione penale, purché la prima sanzione non sia di natura penale, circostanza che dev’essere verificata dal giudice nazionale.
In altri termini, il “bis” vietato dall’Ordinamento è solo quello tra procedimenti aventi entrambi natura penale, a prescindere dal nome loro formalmente attribuito.
Per stabilire se ricorra una simile ipotesi (e cioè se il procedimento formalmente fiscale abbia nella sostanza natura penale), il giudice nazionale dovrà tenere conto: 1) dei destinatari della norma, 2) dei suoi obiettivi, 3) del bene giuridico tutelato nonché 4) del grado di severità della sanzione.
1) Nel caso delle violazioni tributarie per omesso versamento dell’IVA, punite con sanzioni amministrative, i destinatari sono tutti i contribuenti tenuti al pagamento dell’imposta in parola, e non di un gruppo circoscritto di trasgressori. Ciò depone per la natura penale dell’illecito, che pur formalmente è “catalogato” come illecito amministrativo (fiscale).
2) Corrobora, poi, la natura penale dell’illecito la circostanza che la relativa sanzione abbia come obiettivo la repressione e la prevenzione delle condotte illecite, e non solo il ristoro del danno patrimoniale.
3) E’ inoltre sintomo della natura penale del procedimento fiscale e della relativa sanzione il fatto che il loro scopo sia la tutela di beni giuridici la cui difesa è normalmente garantita mediante norme penali: lo scopo delle sanzioni tributarie per omesso versamento dell’IVA è, per l’appunto, assicurare la corretta riscossione di tale imposta e la simultanea tutela degli interessi finanziari degli Stati e dell’Unione. Si tratta, quindi, di beni giuridici che, nei casi più gravi, devono essere protetti anche mediante il diritto penale.
4) Infine, come anche ripetutamente dichiarato dalla Corte EDU, la modesta entità delle sanzioni pecuniarie irrogate nei procedimenti amministrativi per omesso versamento di imposte non esclude che dette sanzioni abbiano carattere penale. Peraltro, le ordinanze di rinvio concordano sul fatto che la sanzione tributaria in questione (pari al 30% dell’importo dell’IVA non versata), abbia, per natura ed entità, carattere penale.
Il rinvio pregiudiziale consente ai giudici degli Stati membri, nell’ambito di una controversia della quale sono investiti, di interpellare la Corte in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione o alla validità di un atto dell’Unione. La Corte non risolve la controversia nazionale. Spetta al giudice nazionale risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte. Tale decisione vincola egualmente gli altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile.