Roma – Il referendum per la reintroduzione e l’estensione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori – quello che impediva i licenziamenti senza giusta causa per le aziende con più di 15 dipendenti – non si farà. La Corte costituzionale ha bocciato il quesito referendario proposto dalla Cgil, che comunque non si rassegna e valuta un ricorso alla Corte di giustizia europea contro le nuove norme introdotte dal governo Renzi sui licenziamenti. “Nessuno pensi che questa battaglia è finita – ha tuonato in conferenza stampa la segretaria generale Susanna Camusso – va continuata e continuerà”.
Ammessi gli altri due quesiti promossi dall’organizzazione sindacale, che in tutto aveva raccolto oltre 3 milioni di firme. Uno riguarda l’abolizione dei voucher per i lavori occasionali, lo strumento che ha conosciuto un boom di utilizzi negli ultimi anni, dopo che il jobs act messo a punto dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ne ha esteso le possibilità di impiego. L’altro è relativo alla reintroduzione della responsabilità in solido tra appaltatore e appaltante sulle questioni inerenti i contratti di lavoro, una misura che, se passasse, secondo il sindacato tornerà ad assicurare maggiori tutele ai lavoratori.
La consultazione popolare dovrà tenersi tra il 15 aprile e il 15 giugno prossimi. Sarà il governo a fissare la data. Tuttavia, i referendum potrebbero essere rinviati di un anno, in caso di elezioni anticipate, o non tenersi affatto se nel frattempo il Parlamento modificherà le norme in oggetto.
La prima ipotesi è diventata più remota con la bocciatura del quesito sull’articolo 18. Secondo molti analisti politici, infatti, proprio la volontà della maggioranza di rinviare quel referendum sarebbe stato uno dei principali incentivi a ricorrere a elezioni anticipate.
L’ipotesi di modifiche normative che disinneschino i due quesiti ammessi, al contrario, è molto concreta, in particolare a proposito dei voucher. Su questo strumento, infatti, il governo ha già dichiarato di voler intervenire per eliminare le distorsioni che si sono create. I voucher, infatti, inizialmente previsti per far emergere il lavoro nero, si sono rivelati invece una sorta di protezione legale per lo sfruttamento irregolare di manodopera, in particolare nel settore dell’edilizia.
Lo stesso ministro Poletti, intervenendo dopo la decisione della Consulta, ha confermato che l’esecutivo ritiene “necessario ancora intervenire per limitare l’utilizzo improprio” dei voucher. “Bisogna riportare questo strumento in direzione delle origini”, ha spiegato. “C’è già in Parlamento una discussione aperta e il governo è intenzionato a lavorare in questa direzione”, ha assicurato.
In ogni caso, se l’intervento di governo e Parlamento dovesse arrivare prima del referendum, l’annullamento della consultazione non sarebbe automatico. Serve infatti una decisione dell’ufficio centrale per i referendum della Corte di cassazione, che dovrebbe riesaminare il dossier. È qui che potrebbe arrivare la sorpresa, almeno per il quesito che riguarda i voucher. La formulazione prevede infatti la totale eliminazione di questo strumento, mentre l’intervento a cui pensa l’esecutivo punta solo a rimodularlo. È per questo che, secondo l’ex segretario della Cgil Guglielmo Epifani, il referendum sui voucher sarebbe inevitabile.