Ieri è stata una brutta giornata per il parlamento europeo. Piccolo cabotaggio politico, fretta, inesperienza, ambizione, arroganza, sono tra gli elementi che hanno caratterizzato (da ambo le parti) la partita tra Movimento 5 Stelle e gruppo dei liberali Alde. Il matrimonio non si è fatto, come Eunews aveva sospettato sin dall’inizio.
Cosa sia successo esattamente, alla fine, è oramai poco importante. Non vogliamo credere a chi adombra un interesse tutto aziendale della Casaleggio Associati per avere maggiori strumenti di incidenza sulle prossime norme europee sul digitale, in particolare sul commercio on line, sembra un retroscena molto poco consistente. Crediamo di più a una volontà di Beppe Grillo e Davide Casaleggio di dare più visibilità e strumenti di lavoro ai loro deputati (pur senza informarne quasi nessuno, come sappiamo bene) ritenendo che il gruppo Efdd non fosse più il mezzo giusto; un obiettivo legittimo e politicamente coerente. Ma all’idea mancavano le gambe e l’inesperienza (e forse presunzione) dei due ha portato al fallimento, in parte giustificato dal fatto che loro avevano trattato proprio con Guy Verhofstadt, il capogruppo dei liberali, un politico molto esperto e stimato, pur se quasi sempre su posizioni politiche diametralmente opposte a quelle di M5s. Verhofstadt ha lasciato un po’ tutti sorpresi per aver tentato un’operazione tanto difficile da essere risultata impossibile e dannosa in primo luogo per lui stesso. Ora la sua poltrona di presidente del gruppo è seriamente in bilico, e la sua candidatura alla presidenza del parlamento appare una chimera.
Ora cosa succederà ai 5 Stelle? I massimi dirigenti hanno fatto una brutta figura, hanno chiamato ad un referendum prima di avere in tasca la certezza dell’offerta fatta ai militanti. Dopo averlo salutato per sempre ora i pentastellati sono nella mani di Nigel Farage: li farà rientrare nel suo gruppo Efdd concedendogli così un po’ di respiro e di agibilità politica in parlamento? Potrebbe farlo, ma certo la posizione dei 17 di Grillo non sarebbe più la stessa, d’altra parte non servono neanche a raggiungere il numero minimo di deputati necessario per mantenere in vita il gruppo.
Il rischio di finire tra i Non iscritti, che non è un gruppo parlamentare, ma solo un elenco di deputati che non hanno un riferimento, che non hanno compiti da svolgere, che non contano, non hanno soldi per fare attività. Quasi inutili insomma, non per loro volontà, ma per le regole che il parlamento si è dato e che M5s non ha ancora mai contestato. (AGGIORNAMENTO: in serata è giunta la notizia che Farage ha accettato la permanenza del MoVImento nel suo gruppo, ma al prezzo di perdere la candidatura di Fabio Massimo Castaldo alla vice presidenza del parlamento, di dover promuovere un referendum contro l’euro, di perdere altri incarichi nel gruppo e probabilmente anche finanziamenti).
Resta una sola scelta dunque, dopo aver sfiorato l’entrata in quell’establishment che gli avrebbe permesso di pesare di più: radicalizzare la propria posizione. Nei prossimi mesi dovremo aspettarci un forte ritorno ai temi più classici dei 5 Stelle, a quello spirito del “Vaffaday” che gli onesti deputati a Bruxelles avevano in gran parte superato, lavorando seriamente e con passione (quasi tutti) a tanti dossier, diventando spesso parte delle forze trainanti su tanti temi, come quelli ambientali per dirne uno solo. Fare rumore per avere visibilità insomma, e non averla per il lavoro fatto sulle leggi concrete. Ma i “portavoce” purtroppo per loro non contano nella definizione della strategia politica di M5s. Abbiamo parlato con alcuni di loro tra domenica e lunedì, e nessuno sapeva che quel negoziato fosse in corso e quasi nessuno avrebbe voluto lasciare il gruppo Efdd, dove, a dispetto di Farage, i pentastellati avevano costruito una certa credibilità. Un credibilità che sarebbe stata anche utile in caso di vittoria alle elezioni politiche italiane nelle relazioni con l’Europa e il resto del Mondo.
La possibilità di aderire ad altri gruppi non esiste, i Verdi li hanno respinti con convinzione prima di Natale, accusando in particolare le uscite incontrollate di Grillo e non il lavoro degli europarlamentari.
Dalla morte di Gianroberto Casaleggio il MoVimento sta inanellando una serie pesante di errori: la straordinaria vittoria a Roma, che poteva avviare un trionfale cammino nazionale, sciupata nell’improvvisazione (e nelle relazioni pericolose), il lavoro fatto dagli eurodeputati gettato al vento. Hanno avuto in mano il biglietto vincente della lotteria, glielo aveva dato Casaleggio padre, e Beppe Grillo con il figlio lo hanno perso. O forse hanno voluto farlo?