Bruxelles – Per il momento la Commissione europea lascia nel fodero l’arma “nucleare” e tenta ancora la via del dialogo. Varsavia avrà altri due mesi di tempo per risolvere le preoccupazioni di Bruxelles sulla violazione dello stato di diritto in Polonia, preoccupazioni che sono state formalizzate oggi in una nuova raccomandazione emessa dal collegio dei commissari. Il nuovo richiamo arriva a quasi cinque mesi di tempo da quello già formulato lo scorso 27 luglio, con cui l’esecutivo comunitario aveva concesso tre mesi al Paese per porre fine alle violazioni. Ben di più ne sono passati e sebbene “ci siano stati alcuni progressi, i problemi principali rimangono”, è costretto ad ammettere il vicepresidente della Commissione, Frans Timmermans, che da mesi tenta di far ragionare gli esponenti del governo conservatore di Beata Szydlo. Nonostante questo, la Commissione decide di evitare lo scontro diretto e prende ancora tempo prima dell’estremo rimedio, cioè il ricorso alla procedura prevista dall’articolo 7 del Trattato sull’Unione europea, che può portare fino alla sospensione del diritto di voto di un Paese in Consiglio. Nonostante la decisione “l’esperienza dell’ultimo anno non mi porta ad essere ottimista”, ha ammesso Timmermans.
A motivare la “raccomandazione complementare”, spiega l’esecutivo Ue, le novità legislative introdotte dal governo di Varsavia, che pure non hanno sciolto i nodi creati dalle precedenti leggi riguardo al funzionamento del tribunale costituzionale del Paese e anzi hanno sollevato alcune nuove preoccupazioni. Per Bruxelles in Polonia rimane insomma una “minaccia sistematica” allo stato di dirito che deve essere affrontata con urgenza. La nuova raccomandazione ribadisce le richieste già avanzate a luglio sulla necessità di pubblicare e mettere in atto i giudizi del Tribunale, compresi quelli che riguardano il funzionamento del tribunale stesso, ma anche di assicurare che non sia eletto un nuovo presidente (come invece Varsavia ha fatto proprio ieri) fino a che i giudizi del tribunale costituzionale sulla costituzionalità delle leggi che lo riguardano non siano messe in atto e fino a che non entrino in servizio i tre giudici legittimamente nominati dal precedente governo.
“La Commissione non lascerà cadere la questione e continuerà a cercare soluzioni nel dialogo con le autorità polacche senza escludere altri passi che potremmo dover prendere se il dialogo continua a non dare risultati”, ha avvertito Timmermans con un chiaro riferimento alla procedura prevista dall’articolo 7. “Non escludiamo nessuna misura ma attraverseremo quel ponte quando ci arriviamo”, ha lasciato aperte tutte le opzioni il braccio destro di Jean-Claude Juncker. Certo anche se la Commissione decidesse di avviare la procedura, arrivare davvero a sanzioni è praticamente impossibile visto che occorrerebbe l’unanimità in Consiglio mentre Stati come l’Ungheria hanno già fatto sapere di essere contrari all’attivazione del meccanismo. “Credo che esista ancora la possibilità di trovare una soluzione”, ma “è chiaro che se intraprendessimo ulteriori passi abbiamo bisogno del sostegno politico” e “io utilizzerò i prossimi mesi per vedere come si sta discutendo in Consiglio, Parlamento e negli Stati membri”, ha continuato Timmermans, secondo cui “prima o poi, se non si trova una soluzione bisognerà coinvolgere tutte e tre le istituzioni e vedere se queste si sentono impegnate”.