Bruxelles – L’accordo di libero scambio tra Ue e Singapore va “bloccato, perché può essere concluso soltanto con la ratifica di ogni Stato membro e non dalla sola Commissione europea. Il parere espresso oggi dall’avvocato generale della Corte di Giustizia dell’Ue Eleanor Sharpston avrà ripercussioni su tutta la politica commerciale dell’Unione, compresi probabilmente anche i Trattati già firmati come il Ceta. La Commissione europea aveva affermato che l’accordo con Singapore è simile a quello con il Canada e che quindi il parere della Corte sarebbe stato in qualche modo un parere anche su quello. Con queste conclusioni la Corte conferma la giustezza della scelta di definire il Ceta “accordo misto”, che deve quindi essere approvato anche dai diversi Parlamenti nazionali, ma forse potrebbe mettere in questione la scelta di farlo entrare in vigore in “modalità provvisoria” dopo l’approvazione di Strasburgo, in attesa delle ratifiche nazionali. Di sicuro il parere significa che anche il Ttip, se mai si arriverà ad una conclusione dei negoziati, cosa difficile, dovrà essere definito come misto, e quindi mandato alla ratifica di tutti i Parlamento.
Secondo l’avvocato, il cui parere è stato chiesto dalla stessa Commissione europea, non tutte le parti dell’accordo con Singapore rientrano nella competenza esclusiva dell’Unione e pertanto l’accordo non può essere concluso senza la partecipazione di tutti gli Stati membri. Certo, riconosce, “possono derivare alcune difficoltà da un processo di ratifica che coinvolga tutti gli Stati membri a fianco dell’Unione”, ma “tuttavia ritiene che tale inconveniente non possa incidere sulla risposta da dare alla domanda su chi sia competente a concludere questo accordo”.
Questa vicenda inizia il 20 settembre 2013 quando l’Unione europea e Singapore siglano il testo di un accordo di libero scambio (Eusfta), che prevede che debba essere concluso come un accordo tra l’Unione europea e la Repubblica di Singapore, senza la partecipazione degli Stati membri.
Successivamente sotto la pressione dei governi, la Commissione chiede un parere della Corte ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 11, del Trattato sul funzionamento dell’Unione, circa la sulla ripartizione delle competenze tra l’Unione e gli Stati membri per quanto riguarda l’Eusfta. In caso di parere negativo della Corte, secondo il Trattato, l’accordo non può entrare in vigore, salve modifiche dello stesso (o ovviamente una ben più complessa revisione dei trattati).
La Commissione richiede il parere difendendo la sua posizione secondo la quale sarebbe competenza esclusiva dell’Unione europea concludere l’accordo. In via generale, il Parlamento europeo concorda con la Commissione. Il Consiglio e i governi di tutti gli Stati membri invece no e sostengono che l’Unione non può concludere l’accordo di propria iniziativa, in quanto talune parti rientrano nella competenza condivisa dell’Unione e degli Stati membri e anche nella competenza esclusiva degli Stati membri.
L’avvocato generale nel suo parere applica i principi stabiliti nella giurisprudenza della Corte, parzialmente codificati dal Trattato di Lisbona, in relazione alle competenze esclusive dell’Unione e alle competenze che questa condivide con gli Stati membri, sia internamente nell’ambito del suo territorio sia esternamente nelle relazioni della stessa con gli Stati terzi.
Secondo Sharpston l’Unione europea gode di competenza esterna esclusiva per quanto attiene alle parti dell’Eusfta solo su una serie di materie :
– finalità e definizioni generali;
– scambi di merci;
– scambi commerciali e investimenti nella produzione di energie rinnovabili;
– scambi di servizi e appalti pubblici, fatta eccezione per quelle parti dell’Eusfta riguardanti i servizi di trasporto e i servizi intrinsecamente connessi a questi ultimi;
– investimenti diretti esteri;
– aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale;
– concorrenza e materie connesse;
– scambi commerciali e sviluppo sostenibile nei limiti in cui le disposizioni di cui trattasi riguardano in via principale gli strumenti di politica commerciale;
– conservazione delle risorse marine biologiche;
– scambi dei servizi di trasporto ferroviario e stradale; e
– composizione delle controversie, meccanismi di mediazione e di trasparenza nei limiti in cui tali disposizioni si applicano (e sono pertanto accessorie) alle parti dell’accordo per le quali l’Unione gode di competenza esterna esclusiva.
La competenza esterna dell’Unione secondo il parere è invece condivisa con gli Stati membri per un’altra serie di materie:
– disposizioni sugli scambi dei servizi di trasporto aereo, dei servizi di trasporto marittimo e di trasporto per via navigabile, inclusi i servizi intrinsecamente connessi a tali servizi di trasporto;
– tipi di investimento diversi dagli investimenti diretti esteri;
– disposizioni sugli appalti pubblici nei limiti in cui si applicano ai servizi di trasporto e ai servizi intrinsecamente connessi a questi ultimi;
– disposizioni attinenti agli aspetti non commerciali dei diritti di proprietà intellettuale;
– disposizioni che fissano i criteri di base in materia di lavoro e di ambiente e che rientrano nell’ambito della politica sociale o ambientale;
– composizione delle controversie, meccanismi di mediazione e di trasparenza nei limiti in cui tali disposizioni si applicano (e sono pertanto accessorie) alle parti dell’accordo per le quali l’Unione gode di competenza esterna condivisa.
La decisione della Corte, che di solito segue le determinazioni dell’avvocato generale, sarà presentata nel 2017, ma non si sa con precisione quando.