Roma – Dopo il latte e i prodotti caseari, anche la pasta dovrebbe essere soggetta all’obbligo di indicare in etichetta l’origine delle materie prime, nello specifico del grano utilizzato per produrla. È questo l’obiettivo del provvedimento annunciato oggi dal ministro per le Politiche agricole, Maurizio Martina, in occasione di un incontro organizzato dal coordinatore del gruppo S&D in commissione Agricoltura del Parlamento europeo, Paolo De Castro, per discutere del cosiddetto regolamento omnibus che modificherà alcuni aspetti della Politica agricola comunitaria (Pac).
Lo schema di decreto “è stato inviato alla Commissione europea, con la quale adesso inizierà un confronto” che “credo possa portare all’adozione del provvedimento nel nuovo anno”, ha dichiarato il ministro, precisando che la misura è stata messa a punto d’intesa con il ministro per lo Sviluppo economico, Carlo Calenda.
“Puntiamo a dare massima trasparenza delle informazioni al consumatore, tutelare i produttori e rafforzare i rapporti di una filiera strategica per il made in Italy agroalimentare”, ha indicato il titolare dell’Agricoltura. A suo avviso, è auspicabile “una normativa europea che regoli in maniera omogenea” l’indicazione di origine delle materie prime in etichetta, e “se arriverà sarà una svolta”. Per raggiungere questo obiettivo, ha continuato, “servono dei pionieri” e “con questa sperimentazione l’Italia vuole appunto svolgere un ruolo da pioniere”.
Nel concreto, la proposta dell’esecutivo prevede che le confezioni di pasta secca prodotte in Italia dovranno avere obbligatoriamente indicate in etichetta le indicazioni del Paese di coltivazione del grano e del Paese di molitura in cui il grano è stato macinato.
Se queste fasi avvengono nel territorio di più Paesi, potranno essere utilizzate le diciture “Paesi Ue”, se produzione e trasformazione avvengono solo nel territorio di Stati membri, “Paesi non Ue”, se le fasi avvengono in territorio extraeuropeo, “Paesi Ue e non Ue” se i passaggi coinvolgono Stati membri e non. Inoltre, se il grano è coltivato per almeno il 50% in un Paese, in etichetta si potrà scrivere il nome del Paese. Se ad esempio si tratta dell’Italia, sarà possibile usare la dicitura “Italia e Paesi Ue e/o non Ue”.
A proposito di indicazioni di provenienza, nel corso dell’appuntamento organizzato da De Castro si è discusso anche di protezione dei prodotti tipici. Lo stesso parlamentare europeo ha voluto rimarcare che nel Ceta, il trattato commerciale tra Ue e Canada in fase di ratifica, “per la prima volta si è arrivati al riconoscimento di oltre 170 prodotti tipici” europei, di cui “quelli italiani sono 41”. Anche per questo motivo, secondo l’esponente del Pd, è importante che, dopo l’approvazione del Parlamento europeo, che dovrebbe arrivare nella prossima plenaria, arrivino presto le ratifiche dell’accordo da parte degli Stati membri.
“Noi possiamo migliorare la protezione dei prodotti tipici all’interno dell’Ue”, ha spiegato De Castro, “ma non c’è alcuna norma nel diritto internazionale che ci aiuti” a proteggere tali prodotti al di fuori dei confini europei. “Quindi i trattati di libero scambio internazionali sono l’unica strada per affrontare il problema del cosiddetto ‘italian sounding’”, ha indicato, ovvero quei prodotti che hanno il nome di quelli tipici italiani ma sono prodotti in altre parti del mondo e senza rispettare le regole nostrane.
Una strada che però sembra preclusa nei rapporti con gli Stati uniti, almeno al momento. Infatti, come riconosce lo stesso parlamentare europeo, “con l’insediamento di Donald Trump alla presidenza Usa, il prossimo 20 gennaio, si chiude la possibilità di concludere un accordo sul Ttip”, il trattato di libero scambio tra Bruxelles e Washington.