La decisione dell’Eurogruppo di bloccare le misure di supporto alla ristrutturazione del debito greco non è solo profondamente sbagliata, ma un pessimo segnale di un’Europa che si intestardisce su misure punitive che si sono dimostrate ampiamente fallimentari e che non aiuteranno né la Grecia né l’Europa. Colpevole è, secondo l’Eurogruppo, la decisione del Governo greco di destinare alcune risorse alle pensioni minime e alle zone più periferiche del paese. La scelta di dare un po’ di respiro a chi più di altri sta pagando il prezzo della crisi andrebbe sostenuta e non osteggiata come invece sta avvenendo.
Nel corso dell’ultima sessione plenaria anche il Parlamento Europeo ha avuto modo di discutere sulla situazione greca e in particolare sulle riforme del mercato del lavoro greco, da attuare in applicazione del Memorandum firmato nell’estate del 2015. La relazione del Commissario Andriukaitis, ampiamente supportata dai deputati appartenenti al Ppe, ha rivendicato la bontà degli interventi promossi dalla Commissione in questi ultimi anni, volti a prolungare le politiche di rigore e di compressione della spesa pubblica e sociale nel tentativo di assicurare, a suo dire, la sostenibilità e la stabilità delle finanze pubbliche. Una ricetta, aggiungiamo noi, i cui esiti fallimentari (sia sul versante sociale che su quello del bilancio statale) sono tristemente noti. Il fatto di puntare inoltre a un assetto del mercato del lavoro e delle relazioni industriali improntato a una più ampia flessibilità va considerato secondo la Commissione come funzionale a favorire e facilitare non solo le assunzioni, ma anche quelle ristrutturazioni aziendali non rinviabili ai fini di una maggiore competitività.
Al contrario, il Ministero greco del Lavoro e della Sicurezza sociale ha sottolineato in suo recente documento l’importanza, ribadita anche dalla commissione di esperti formata al riguardo, di ripristinare pienamente la contrattazione collettiva, nei fatti cancellata a favore della contrattazione aziendale e di secondo livello dai differenti Memorandum susseguitisi a partire dal 2010. Da questo punto di vista, concordiamo con l’opzione del Governo greco a favore di strumenti di contrattazione capaci di includere e tutelare un ventaglio più ampio di lavoratori.
Buona parte degli interventi ha giustamente ribadito l’impossibilità di continuare a perpetrare una simile violazione e disapplicazione dell’acquis comunitario, essendo la contrattazione collettiva sancita e riconosciuta all’interno della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. La Commissione non può dunque adottare una doppia morale nello svolgere il suo ruolo di “guardiano dei Trattati”. La contrattazione collettiva, in quanto pilastro del modello sociale europeo, va perciò ripristinata e tutelata al fine di non declassare quelli greci a “cittadini di serie B”.
Questo intervento appare nel sito di Sergio Cofferati.